Il bastone del rabdomante. Ovvero andar per boschi verso e da lo schema ad Y.

Il bastone del rabdomante. Ovvero andar per boschi verso e da lo schema ad Y.

Da piccola adoravo passeggiare per boschi con mio nonno alla ricerca di mirtilli e funghi. Indossavamo gli stivali di gomma e ci inoltravamo, a volte per ore, nella foresta intorno a casa. Lui aveva un passo svelto; io facevo fatica a stargli dietro quindi ad intervalli regolari decideva di fare una breve sosta per permettermi di riprendere fiato.

Durante quelle pause era mia abitudine raccogliere un bastone fatto ad Y, come quelli da rabdomante, e giocare a cercare l’acqua mentre lui mi impegnava in esercizi di sguardo. Era il nostro gioco. Ogni volta che il bastone vibrava lui mi rivolgeva una domanda o mi invitava ad un osservare, lento e puntuale, il mondo intorno.

Mi chiedeva quali alberi avessi notato durante il sentiero, cosa riconoscessi dei cespugli che avevo intorno, in cosa mi parevano simili o differenti a quelli che avevamo incontrato nella radura precedente. Mi piaceva così tanto quel gioco che, spesso, stringevo più forte tra le mani il mio bastone per farlo oscillare e guadagnarmi la possibilità di esprimere un’impressione, istituire una connessione o porgere delle domande a nonno Nemore.

Il mio bastone del rabdomante era punto d’arrivo ma anche di partenza: da un lato raccoglievo ciò che il bosco mi aveva trasmesso e che non avrei trattenuto se avessimo solo camminato per i suoi sentieri, e dall’altro lato lo utilizzavo per affinare lo sguardo, guardarmi intorno, conoscere meglio e ripartire con consapevolezza.

Senza il nonno non avrei saputo utilizzarlo: forse sarei andata alla cieca o forse mi sarei soffermata a registrare tanti spunti ma, di certo, non avrei saputo farli dialogare tra loro. Lui invece mi insegnava come andare oltre le semplici impressioni, come usare le connessioni per conoscere meglio i sentieri che stavo percorrendo e mi dava prova di quanto le domande, più che le risposte, fossero la chiave per accedere al mondo.

Anche il WRW ha il suo “bastone del rabdomante”:  un organizzatore grafico che promuove la discussione profonda intorno ad un testo. Frank Serafini in “Around the Reading Workshop in 180 Days ce lo presenta come ICW chart e noi, grazie ad Agnese Pianigiani, lo abbiamo ribattezzato “Schema ad Y”.

Lo schema ad Y accoglie tre diversi modi di approcciarsi a un testo; tre assi che convergono verso un fulcro centrale: la discussione al servizio del significato. 

C’è l’asse delle impressioni, che accoglie ciò che notiamo del testo, c’è l’asse delle connessioni, che ci permette di guardare dentro ed oltre il testo, e c’è l’asse delle domande, che ci spinge a scandagliare il nostro pensiero in profondità. 

Apparentemente è uno strumento di facile utilizzo ma, proprio alla luce della sua semplicità, deve essere maneggiato con cura e consapevolezza per non rischiare di venire sminuito o reso sterile. 

L’ho scoperto a mie spese quando sperimentavo da novellina e ancora non avevo compreso del tutto la portata della cornice di senso del WRW.  I ragazzi e le ragazze lo riempivano di parole ma non annotavano davvero. Inserivano informazioni e ispirazioni abbastanza superficiali e, soprattutto, non le sapevano leggere, interpretare, discutere. 

Ragionandoci mi sono resa conto che l’errore che facevo era quello di presentare lo schema ad Y tutto in una volta all’interno di un’unica minilesson: illustravo l’organizzatore grafico, le parti di cui era composto e ne commentavo velocemente i prompt.

Tutto è cambiato quando ho preso ad esempio la saggezza di nonno Nemore. Da quando cioè ho intensificato il mio modeling e, soprattutto, da quando ho rallentato, mi sono seduta nella radura, ed ho iniziato a concentrarmi a lungo (almeno un paio di mesi) su un aspetto alla volta dello schema dedicandovi specifiche lezioni.

Ecco quindi una carrellata di minilesson, complete di teaching point (insegnamento chiave)  e di una sintesi dell’istruzione esplicita, che mi sono sempre particolarmente d’aiuto per accompagnare le mie classi verso una padronanza consapevole ed efficace dello schema ad Y. 

Dove le ho reperite? Sicuramente studiando e ricavando strategie di lettura dai testi cardine del WRW ma, soprattutto, dalla mia esperienza personale. In questi anni mi sono guardata allo specchio come lettrice annotando molto sia sul mio processo di lettura, sia sulle mie abitudini, sia sui miei processi di pensiero prima, durante e dopo il tempo trascorso all’interno della mia reading zone.

Oggi mi concentrerò sulle impressioni mentre nella seconda parte di questa chiacchierata parleremo di connessioni e domande, per poi fare il punto su come introdurre progressivamente ed in modo organico lo schema ad Y in classe. 

IMPRESSIONI

MINILESSON LIVELLO BASE – QUELLO CHE SPORGE

Teaching point:

Un lettore individua parole, frasi, versi o dettagli di illustrazioni che lo aiutano a comprendere il significato del testo e riflette su di esso. 

Istruzione esplicita:

  • Individuo le parole o i dettagli “che sporgono”, che risvegliano il mio pensare;
  • Mi chiedo: cosa mi colpisce di queste parole, di questi dettagli? 
  • Come potrebbero essermi utili a comprendere il testo?

MINILESSON LIVELLO INTERMEDIO – SOFFERMARSI SUI LEGAMI

Teaching point:

Guardando attentamente all’universo di parole scelte da un poeta possiamo comprendere meglio sia i suoi valori, sia il suo modo di vedere il mondo.

Istruzione esplicita:

  • Mi soffermo sulle parole del testo;
  • Cerco di individuare dei legami tra le parole;
  • Mi chiedo: con che sguardo l’autore mi sta raccontando il mondo che lo circonda? Quali immagini mi sta mostrando? Cosa per lui è importante?
  • Per aiutarmi nella comprensione posso disegnare le immagini che il poeta mi sta mostrando.

MINILESSON LIVELLO AVANZATO – SOSTARE NELLA FORMA E NEL CONTENUTO  

Teaching point:

Lettori e lettrici non si soffermano solo sul significato delle parole ma le sentono vibrare in testa, ne ascoltano il suono e riflettono sulle scelte lessicali sia in merito al contenuto, sia alla forma.

Istruzione esplicita:

  • Mentre leggo pongo attenzione a ciò che l’autore/l’autrice sta raccontando;
  • Mi chiedo: in che situazione sono i personaggi? Quali sensazioni stanno provando? Che atmosfera stanno respirando?
  • Rifletto: i suoni delle parole sostengono e/o amplificano il contenuto del testo?

Ecco Giulia, cl. II secondaria di I grado, che riflette sul linguaggio di Dante nell’Inferno: 

“Dante usa un linguaggio molto specifico; sceglie le parole anche per il suono che hanno e in base a questo decide quando usarle. Spesso  il suono rispecchia il contesto di cui sta parlando. Ad esempio con Filippo Argenti usa un linguaggio crudo, con suoni forti che raschiano le orecchie e fanno capire la rabbia, il disprezzo che Dante prova in quel momento. Poi con Paolo e Francesca usa un linguaggio leggero, dolce, pulito; ti viene da immaginare un velo bianco e un lacrima cristallina. Mi hanno veramente colpito gli enjambement del canto XXVI perché danno il senso delle onde del mare di cui sta parlando Ulisse. Inoltre mi piace il fatto che usi molte similitudini per far capire meglio al suo lettore cosa sta vivendo o sentendo o provando.”

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