La voce di tutti. Il WRW nell’apprendimento della L2

La voce di tutti. Il WRW nell’apprendimento della L2

L’incontro con Jenny Poletti Riz, le colleghe e i colleghi IWT e il Writing and Reading Workshop non ha semplicemente modificato il mio approccio all’insegnamento e il mio modo di stare in classe, ha cambiato la mia vita e il mio modo di essere nel mondo. È stata una rivoluzione che “mi ha rivoltata come un calzino”, come direbbe Loretta De Martin. Non ho la presunzione di affermare che sono cambiata in meglio o che sono diventata una persona migliore. La mia insicurezza cronica non me lo permetterebbe mai! E poi, una rivoluzione non è mica una cosa semplice, comporta scelte difficili, innumerevoli contraddizioni, tanto lavoro e, per me, anche un pesante fardello ingarbugliato di sensi di colpa e inadeguatezza. 

Oltre i garbugli, le insicurezze e la fatica c’è però una certezza limpida, chiara, evidente: mi sento viva, sono davvero io, ho trovato la mia strada. Una strada che sento mia perché il WRW è una cornice di senso in cui hanno trovato posto tutte le mie convinzioni, la mia idea di scuola, le mie intuizioni, la mia creatività, le mie pratiche, le mie aspirazioni, il cuore e tanta concretezza che deriva da trent’anni di studi universitari e sperimentazione didattica  negli Stati Uniti. Una strada tutta nuova che percorro studiando, confrontandomi, sperimentando, anche sbagliando e cercando sempre di migliorare come donna, come mamma, come insegnante di italiano e anche come insegnante di italiano L2. 

Da alcuni anni, infatti, mi occupo anche di italiano come L2 e sono referente, insieme a una collega della scuola  secondaria di secondo grado, di una rete territoriale, la rete “Valli a colori”, formata da 11 istituti delle Valli di Non e Sole (in Trentino) con l’obiettivo di accogliere e favorire il successo formativo degli alunni di madrelingua non italiana. Come referente coordino dunque le attività di accoglienza e accompagnamento degli alunni neo-arrivati e tutte le azioni volte al successo scolastico degli alunni non italofoni. Offro consulenza e supporto ai colleghi, collaborando alla progettazione e alla realizzazione di interventi didattici in classe e nel laboratorio di italiano come L2. 

Per monitorare i progressi dei nostri studenti non italofoni e valutare l’efficacia degli interventi didattici e delle risorse impiegate, compilo ogni anno insieme ai referenti degli istituti della rete una “Mappatura degli esiti formativi degli alunni di madrelingua non italiana”. Nella mappatura prendiamo in considerazione i risultati scolastici degli alunni al termine della classe quinta primaria e terza secondaria di primo grado, con uno sguardo alla scelta della scuola secondaria di secondo grado. I dati che raccogliamo si riferiscono in minima parte a studenti neo-arrivati e riguardano perlopiù bambini e ragazzi di remota immigrazione o di seconda generazione, che rappresentano circa il 70% del totale. Si tratta dunque di alunni esposti alla lingua italiana dalla nascita e inseriti nel nostro sistema scolastico a partire dai 3 anni.

Nonostante l’immersione nella L2 e gli anni trascorsi nella scuola italiana, gli esiti formativi che monitoriamo ogni anno dimostrano che c’è ancora tanto lavoro da fare! Infatti, gli alunni che riportano in italiano un esito da non sufficiente a sufficiente al termine della scuola primaria aumentano al termine della scuola secondaria di primo grado. Anche l’esito della prova nazionale Invalsi di Italiano a conclusione del Primo ciclo di istruzione conferma questo dato: gli alunni non italofoni che si attestano non oltre il livello 1 sono ancora troppi. I dati raccolti all’interno della nostra rete sono in lieve miglioramento anno dopo anno, ma sono comunque un indicatore di attenzione importante. Essi, insieme alle nostre osservazioni individuali e alla nostra esperienza di insegnanti, ci dicono in maniera inequivocabile che la forbice aumenta dalla scuola primaria alla scuola secondaria e che lo snodo cruciale per il successo scolastico degli alunni di madrelingua non italiana, che sono in gran parte alunni di seconda generazione, è l’acquisizione di competenze linguistiche alte e più evolute legate alla lingua dello studio delle varie discipline, le cosiddette competenze CALP (Cognitive Academic Language Proficiency). 

Questi dati, così come la nostra esperienza di docenti, ribadiscono dunque che ci troviamo di fronte a una sfida nuova, che va oltre l’accoglienza: stabilire strategie efficaci per affrontare bisogni linguistici di apprendimento differenti rispetto al passato. La didattica dell’italiano, le proposte e gli interventi dei laboratori di italiano come L2, le competenze necessarie ai docenti di classe, e quindi i contenuti e gli obiettivi della formazione rivolta a docenti e facilitatori, devono puntare sempre meno all’acquisizione delle competenze legate alla lingua della comunicazione, le competenze BICS (Basic Interpersonal Communication Skills), e sempre più alle competenze CALP. 

L’obiettivo è molto chiaro e ben definito. Meno definito e chiaro per me, prima di conoscere il WRW, era il come raggiungere questo obiettivo. 
Sapevo che le situazioni di bilinguismo di bambini e ragazzi migranti sono estremamente complesse e mutevoli e che dovevo sforzarmi di riconoscerne le caratteristiche specifiche, evitando di considerare i bisogni linguistici una carenza, perché troppo spesso il bilinguismo dei bambini stranieri viene percepito e trattato come un deficit e non come una chance” (1)Ma non conoscevo strumenti efficaci per valorizzare le  competenze linguistiche e intervenire sui bisogni linguistici di ciascuno. 
Sapevo che la condizione di migrazione e di esilio è spesso accompagnata dal rischio del “vuoto” e della povertà narrativa” (2),  che i bambini cresciuti in ambienti con poca o nessuna confidenza con la letteratura, all’asilo e alle elementari devono già lottare per non restare indietro” (3) e che la povertà narrativa non si traduce semplicemente in povertà lessicale, ma nella mancanza delle basi fondamentali, cognitive e linguistiche, per ogni apprendimento (4)Ma non conoscevo un approccio didattico che mi consentisse di moltiplicare le storie, i libri e le occasioni del racconto per educare tutti alla lettura e crescere una comunità di lettori competenti e appassionati. 
Sapevo che “la situazione del bambino con un lessico povero peggiora ulteriormente per il fatto che le istruzioni esplicite (…) sono una preziosa rarità nelle aule scolastiche” (5). Ma non conoscevo le minilesson, che contengono appunto istruzioni esplicite e strategie di comprensione che i nostri alunni devono esercitare per accedere gradualmente a testi più complessi. Insomma, la teoria era chiara, non era chiaro il come arrivare al cosa, non possedevo una cornice di riferimento e di senso che mi permettesse di tradurre nella pratica didattica queste riflessioni teoriche.

Il WRW è stato ed è la mia cornice di riferimento e di senso: una didattica per competenze, realizzata attraverso una metodologia rigorosa e caratterizzata sia da una precisa struttura del tempo scuola, sia da strumenti ben definiti per l’insegnamento della scrittura e della lettura. Un approccio metodologico fortemente inclusivo che mi permette di lavorare con l’intera classe e, contemporaneamente, di mettere in atto percorsi individualizzati, basati sulle caratteristiche e sui bisogni di ciascuno. Dopo aver sperimentato il WRW nelle mie classi, che come tutte le classi italiane sono numerose, complesse, multiculturali e contengono livelli di acquisizione linguistica estremamente disomogenei, ho iniziato a sperimentare questo approccio anche  nel laboratorio stabile di italiano come L2, livello CALP.

Il primo laboratorio CALP in cui ho sperimentato il WRW era composto da 11 alunni di terza sspg. Ci siamo incontrati un’ora a settimana per tutta la durata dell’anno scolastico. Si trattava di alunni non italofoni, prevalentemente di seconda generazione, provenienti dalle quattro sezioni del mio istituto e che avevano difficoltà scolastiche e livelli di acquisizione linguistica complessivamente compresi tra il livello A2+ e il livello B1 del CEFR (Common European Framework of Reference for Languages, ovvero il Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue). Non erano dunque in grado di comprendere testi complessi o di produrre testi chiari, coerenti e corretti. Tutti avevano a disposizione nelle loro case un numero limitatissimo, e in molti casi nullo, di libri in L1 e in L2, avevano scarsi ricordi di lettura ad alta voce nell’infanzia da parte dei nonni o dei genitori, erano lettori poco competenti e, soprattutto, non leggevano per il puro piacere di farlo. 

Gli obiettivi erano: 

  • creare una comunità di lettori
  • scrivere di libri e dai libri
  • scrivere a partire da attivatori 
  • lavorare sulla prescrittura e sulla revisione del testo narrativo in previsione dell’esame di Stato.

Nel corso del primo quadrimestre mi sono concentrata sulla lettura. Ogni volta che ci incontravamo portavo loro tanti libri diversi: albi illustrati, graphic novel, fumetti, romanzi, racconti, riviste e introducevo strategie per scegliere il libro giusto e per favorire la lettura individuale. 
Ho letto ad alta voce parecchi albi illustrati, ho fatto tanto thinking talking, ho proposto semplici strategie di comprensione, abbiamo iniziato a scrivere insieme di libri e dai libri e ho cercato di ricavare sempre un po’ di tempo per la condivisione finale che rappresentava un momento prezioso di scambio e di confronto.
Ho selezionato poche strategie di comprensione (lo schema a Y e la distinzione tra argomento e tema) e le ho proposte in maniera ricorsiva, cercando di andare sempre più in profondità. 
Ho iniziato con l’albo Un grande giorno di niente di Beatrice Alemagna per lavorare sulle impressioni, con Rosso. Una storia raccontata da matita di Michael Hall per il lavoro sulle domande e con Le parole scappate di Arianna Papini per aiutare i ragazzi a creare connessioni. Ho introdotto la distinzione tra argomento e tema leggendo Cane nero di Levi Pinfold. 
Sono ritornata poi sulle stesse strategie con altri albi o graphic novel. Ho consolidato la routine di lavoro: prima la minilesson, poi la lettura ad alta voce, le annotazioni sul quaderno del laboratorio e infine la condivisione.

Al termine del primo quadrimestre, per la valutazione finale, abbiamo scritto insieme, in maniera estremamente guidata, una recensione. La scelta dell’albo era libera e ogni sezione della recensione (introduzione – svolgimento con argomento/temi, personaggi, impressioni, connessioni e domande – conclusione con riflessione sui temi o il messaggio) conteneva frasi modello. Qui la tabella che ho utilizzato. 
Ognuno ha presentato poi la propria recensione davanti alla classe e all’insegnante di italiano. I risultati, composti dalla mia valutazione della recensione tramite rublist, dalla valutazione del docente di classe e da una scheda di autovalutazione, sono stati estremamente soddisfacenti. L’aspetto della motivazione era senza dubbio il più evidente. 

Nel secondo quadrimestre, in previsione della prova scritta di italiano dell’esame di Stato, ho lavorato sulla scrittura e mi sono concentrata sulla prima tipologia testuale: il testo narrativo. Visto il poco tempo a disposizione ho riproposto per l’immersione gli albi letti insieme nel primo quadrimestre e, come nel primo quadrimestre, ho selezionato poche strategie sulle quali sono tornata in maniera ricorsiva: la montagna della storia per la prescrittura, l’incipit, l’ambientazione, pensieri e sentimenti e alcune strategie di revisione
Non si è trattato di un modulo canonico di writing workshop poiché, disponendo di un’ora a settimana, i ragazzi non hanno avuto la possibilità di sperimentare l’intero processo di scrittura a scuola. Insieme abbiamo lavorato tanto sulla prescrittura e sulla revisione, ma la stesura delle bozze avveniva anche a casa o nel piccolo gruppo in classe. Le consulenze individuali sono state uno strumento essenziale per fornire istruzioni esplicite e personalizzate a ciascuno scrittore e fare in modo che tutti trovassero ed esprimessero la loro vera voce.

Al termine del mio primo anno di sperimentazione del WRW nel laboratorio di italiano come L2 CALP un risultato è stato più eclatante di altri: nessuno tra le ragazze e i ragazzi che erano stati inseriti nel laboratorio per le loro difficoltà di comprensione e produzione del testo ha riportato esito non sufficiente nella prova scritta di italiano dell’esame di Stato. 

Tra gli altri punti di forza: i feedback positivi dei colleghi di italiano, il fatto che tutti abbiano utilizzato la “montagna della storia” per progettare il tema d’esame, gli esiti confortanti delle prove Invalsi di comprensione del testo e soprattutto il fatto che nel laboratorio si respirasse entusiasmo, voglia di condividere, di stare insieme, di crescere come comunità di lettori e scrittori. 

Tra le criticità emerse: 

  • il tempo: servirebbero almeno 2 ore a settimana;
  • la necessità di approfondire e dedicare più lezioni alle strategie di revisione per consolidare l’ortografia, la sintassi e l’uso corretto dei tempi verbali. 

Oltre i punti di forza e le criticità di quel primo anno di sperimentazione, porterò sempre nel cuore la scintilla di felicità che si è accesa negli occhi nerissimi di una ragazza a cui ho regalato la mia copia di Imperfetta, la graphic novel di Andrea Dorfman che rappresentava per lei il primo vero libro letto in autonomia.

Sono passati tre anni da quando ho introdotto il WRW nel laboratorio di italiano come L2 per il livello CALP. Da allora sperimento nuove routine, dedico più tempo alle strategie di comprensione e di revisione, mi sembra che i punti di forza aumentino, ma mi trovo anche ad affrontare nuove criticità, soprattutto spero che la mia copia di Imperfetta sia in buona compagnia nella libreria di quella ragazza dagli occhi nerissimi.

A settembre nella mia seconda è arrivata un’altra ragazza dagli occhi nerissimi. Le ho dedicato un corposo pacchetto di ore nel primo quadrimestre in cui ho lavorato sulle competenze BICS e per la prima volta mi sono sentita abbastanza sicura da integrare i classici testi per neoarrivati con alcuni elementi del WRWAdesso siamo a maggio e lei ha appena finito di leggere Dian Fossey, la signora dei gorilla di Elisa Puricelli Guerra, ma questa è un’altra storia e, forse, un altro articolo.

 

Note
1. G. Favaro, Parole, lingue e alfabeti nella classe multiculturale, in Italiano Linguadue, 2012, p. 256.
2. G. Favaro, Un milione di parole in meno: gli effetti della povertà narrativa, Giunti Scuola, 2019.
3. M. Wolf, Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge, Vita e Pensiero, 2012, p. 114.
4. Ivi, p.117.
5.  Ivi, p. 143.

 

Bibliografia

G. Favaro, M. Negri, L. A. Teruggi, Le storie sono un’ancora, Franco Angeli Milano 2018.
M. Frigo, Studiare in Italiano L2 nella Scuola primaria e secondaria di primo grado, Giunti Scuola, 2011.
M. Wolf, Proust e il calamaro. Storia e scienza del cervello che legge, Vita e Pensiero, 2012.
M. Wolf, Lettore vieni a casa, Vita e Pensiero, 2012.
G. Favaro, Parole, lingue e alfabeti nella classe multiculturale, in Italiano Linguadue, 2012.
G. Favaro, Un milione di parole in meno: gli effetti della povertà narrativa, Giunti Scuola, 2019.
P. Alotto, Povertà linguistica e “povertà logica” si accompagnano, interagiscono causalmente e si autosostengono, La scuola che non c’è (e altre storie), 2018.

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