Il laboratorio di lettura e scrittura: uno spazio di senso

Il laboratorio di lettura e scrittura: uno spazio di senso

Partiamo con un piccolo esercizio di visualizzazione: ripescate nella memoria le immagini di un posto in cui state o siete stati bene, inondati di energia positiva, di un senso di benessere. Non ci riferiamo ad una situazione, ma proprio ad un luogo fisico che per le sue caratteristiche sia in grado di procurarvi questo brivido.
Fatto? È molto probabile che molti di voi abbiano ricordato un bosco, o una spiaggia, o ancora un particolare angolo di casa. Abbiamo il sospetto che praticamente nessuno, invece, abbia pensato a un’aula scolastica. Come mai?
Come mai le aule sono spesso brutte, trasandate, spoglie, mortificanti? Come mai siamo così propensi a disinteressarci del luogo in cui bambini e ragazzi trascorrono metà della propria giornata? Come mai – pur avendo sperimentato nella nostra vita quanto ciò che ci circonda influisca sul nostro atteggiamento mentale, sul nostro umore, sulla nostra attitudine al lavoro – sottovalutiamo così spesso questa componente fondamentale dell’ambiente di apprendimento? Come mai ci sembra sempre un elemento di secondo piano nelle scelte che compiamo da insegnanti, anche se i più recenti studi sull’organizzazione degli spazi didattici mettono in evidenza in modo incontrovertibile la correlazione tra la loro progettazione consapevole e attenta e una maggiore efficacia del processo di insegnamento-apprendimento1?

Non solo lo spazio fisico, naturalmente, favorisce l’apprendimento degli alunni: altre variabili si intrecciano in un sistema complesso (il tempo, le relazioni, i dispositivi didattici scelti, il curricolo e la valutazione), ma in questo articolo intendiamo concentrarci sulla dimensione spaziale e su semplici azioni sostenibili che ci hanno aiutato a rendere il contesto classe non solo più funzionale al laboratorio di lettura e scrittura, ma anche più caldo, motivante e positivo per i nostri bambini e ragazzi.
Sappiamo bene che a guardare certe foto di ambienti scolastici scandinavi, o americani, ci sentiamo impotenti, sappiamo anche che occorrerebbero ingenti investimenti per realizzare un contesto scolastico ideale, ma facciamo in modo che non ci colga lo sconforto e che il nostro motto sia sempre il roosveltiano “Fa’ quello che puoi, con quello che hai, nel posto in cui sei”.
Seguiteci perciò, in una specie di tour virtuale, in due nostre classi: quella di Ilaria, una seconda secondaria di primo grado, e quella di Laura, una prima primaria. Nancie Atwell suggerisce di allestire la classe in modo che a settembre “faccia il solletico al cervello” dei ragazzi (Atwell, 2015), e questo ci pare l’obiettivo fondamentale di ogni nostro sforzo, ossia fare in modo che ogni elemento dell’ambiente – nulla lasciato al caso – sia per gli alunni uno stimolo: alla responsabilità, alla ricerca di senso, alla creazione della comunità.

Ilaria
Nella mia classe ho un “Writing corner”, simile al “centro materiali” allestito dalla Atwell, dove tengo dizionari, repertori lessicali, post-it di scorta, i moduli per registrare le consulenze tra compagni, un cartello in cui teniamo aggiornato l’elenco delle minilesson (se ne incarica un alunno a rotazione) e qualche cartello che richiama minilesson fondamentali, strategie e regole importanti. Un paio di consigli: meglio non sovraccaricare di materiali questo spazio, per gestire meglio il disordine prima o poi inevitabile e per non creare confusione nei ragazzi; inoltre, è buona cosa prevedere incaricati per un riordino periodico

Laura
Anche io ho un centro materiali: nelle nostre aule, seppur a volte molto piccole, è quasi sempre possibile posizionare in un angolo un banco da adibire a questo scopo, configurandolo secondo i bisogni della classe e le sue peculiarità; nel caso in cui non ci fosse spazio nemmeno per quello, è molto probabile che vi si possano dedicare alcuni scaffali dell’immancabile armadio.

Ecco, la semplice esistenza, di un simile luogo – comunque ciascuno di noi intenda allestirlo – dà una consistenza fisica al complesso processo cognitivo della scrittura, supporta la routine che lo nutre, fornisce ai ragazzi delle coordinate, non solo spaziali, entro cui muoversi responsabilmente.

Ilaria
Secondo lo stesso principio, Nancie Atwell dota la sua aula di una serie di sedute diverse dedicate a diverse funzioni e i ragazzi imparano a disporsi a seconda dell’attività in corso. Per le nostre classi non abbiamo a disposizione le metrature che intuiamo dalle foto di Nancie (anche se in una ricognizione attenta nelle nostre scuole non è infrequente imbattersi, come è successo a me, in un’antica e inutilizzata “aula video” o in qualche altro antro polveroso da riportare in vita), ma è possibile ripensare le nostre aule come un ambiente flessibile, non statico, che può riconfigurarsi rapidamente alla bisogna. I miei ragazzi, per esempio, sanno che durante il reading aloud si spostano tutti i banchi per liberare il centro dell’aula e metterci tutti in cerchio;  che per sprofondare in quello spazio interiore di concentrazione che chiamiamo reading zone possono sistemarsi come preferiscono nell’aula dedicata alla lettura (o se quest’ultima non c’è, nella solita aula, riconfigurata appositamente per la lettura), dove ciascuno ha portato un cuscino; che per scrivere devono chiudersi nella propria “bolla” di concentrazione e per farlo possono posizionare il banco come sia più utile allo scopo; che per le consulenze tra compagni c’è un angolo apposito (un banco con due sedie); che per il momento della condivisione c’è la “sedia dello scrittore e del lettore”.

Anche in questo caso, poter cambiare postazione e disposizione dà una diversa configurazione anche mentale alle singole attività, favorisce la metacognizione, richiama alla responsabilità individuale, amplifica di volta in volta il valore di ciascun momento, fa comunità e, non da ultimo, consente di sgranchirsi e predisporsi, con tutto il corpo più presente, ad una nuova fase di lavoro.

Laura
Una consistente porzione dell’aula di cui spesso si sottovaluta il valore è quella verticale: le pareti, purché organizzate in modo chiaro, possono offrire un supporto notevole al nostro lavoro. Possono infatti ospitare cartelli con richiamati i concetti, le regole e le strategie fondamentali, possono accogliere i pensieri e le domande dei bambini, possono presentare il frutto di discussioni di classe e del lavoro individuale: insomma possono, ancora una volta, dare corpo a processi complessi e astratti, in particolare negli ordini di scuola inferiori, e nel contempo rendere l’aula lo specchio di una comunità di pratiche.
Ecco alcuni esempi di utilizzo significativo delle pareti nella mia classe: il muro parlante, la bacheca della poesia, la finestra del poeta.

IL MURO PARLANTE 

La proposta di Serafini è molto semplice, di facile realizzazione e risulta davvero efficace con i bambini. Ci suggerisce un modo facile per tenere traccia dei libri letti ad alta voce in classe durante il Laboratorio di Lettura.
Una volta terminata la lettura ad alta voce di un libro, Serafini consiglia di fotocopiarne la copertina e appendere la fotocopia su una parete dell’aula. 
Alla scuola primaria le insegnanti curano molto la lettura ad alta voce e, un libro dopo l’altro, il muro piano piano si colora. Alla fine dell’anno ci si ritrova con una parete piuttosto piena. 
In questo modo in classe abbiamo un rimando visivo immediato.
Le copertine sono diventate una presenza. 
Ho potuto constatare attraverso i loro interventi che spesso i bambini, guardando la parete, facevano riferimento ai libri letti, è stato semplice per loro fare spesso connessioni con le storie lette. Anche per me è stato vantaggioso: io stessa ho potuto fare riferimento ai racconti letti in più occasioni e se ogni tanto mettevo in dubbio “di essere al passo con il programma”, una rapida occhiata alla parete mi ricordava che i bambini stavano dedicando tempi e spazi alla lettura, che è in fondo l’obiettivo principale della scuola primaria.

LA BACHECA DELLA POESIA

Quando scrive come affrontare la poesia con i bambini piccoli, Georgia Heard porta a un reale cambio di prospettiva. “La poesia è già presente in classe prima che noi la introduciamo formalmente” scrive la Heard ed esorta gli insegnanti ad ascoltare i bambini parlare, a raccogliere i semi di poesia nelle loro voci quotidiane e a mostrare loro che la poesia è già dentro ognuno di noi. 
Seguendo il suo consiglio e un esempio citato nel libro, quest’anno in classe ho introdotto la “Bacheca della poesia”. Ho appeso in classe una bacheca di sughero vuota senza spiegare loro a cosa servisse, nonostante i numerosi sguardi interrogativi. Per un po’ di tempo la bacheca è rimasta vuota, ormai nessuno chiedeva più spiegazioni. Ed ecco che un mattino di dicembre, dopo aver giocato con la neve, un bambino disegna un pupazzo di neve e dice: “Un pupazzo di neve è come avere un amico che ti aspetta ogni giorno sotto casa”. Ho colto l’occasione al volo e ci siamo messi a parlare di cosa significasse quella frase. I bambini spontaneamente hanno osservato che il compagno aveva utilizzato un modo diverso per parlare del pupazzo di neve, un modo “più bello”, un modo poetico! 
Ho quindi trascritto la frase, l’ho appesa nella bacheca, scrivendo anche il titolo in alto e spiegando loro che ogni volta che avessero detto o scritto espressioni poetiche – che stupissero, che utilizzassero parole nuove, eccetera –  le avremmo raccolte nella nostra bacheca. 
Piano piano la bacheca ha cominciato a riempirsi e i bambini sono diventati, come dice la Heard, “più consapevoli della bellezza e della poesia nelle loro voci”. 

“Il mio posto preferito è la mia camera dove di notte volano i sogni.”
“Il mio posto preferito è la mia camera dove di notte sento il silenzio.”
“Se fossi una nuvola vorrei avere la forma di un cavallo per galoppare nel cielo.”

LA FINESTRA DEL POETA

Mentre la bacheca della poesia si colorava, abbiamo letto “Federico” di Leo Lionni e, durante la conversazione sulla poesia e sul poeta (“Chi è il poeta ?”), qualche bambino ha fatto notare ai compagni che un poeta scrive le cose in modo diverso e abbiamo parlato di avere uno sguardo diverso sulle cose. È nata così, sempre grazie ad un’idea della Heard, la nostra “Finestra del poeta”, ricavando nel vetro una finestra speciale. 
La richiesta ai bambini, ripetuta più volte nel corso dell’anno, è stata quella di avvicinarsi alla finestra, osservare e provare a descrivere le cose che vedevano “con gli occhi del poeta”. 
All’inizio non è stato semplice, ma nel corso dell’anno, in modo sempre più frequente, i bambini si sono avvicinati alla finestra in modo spontaneo, anche nei momenti liberi, per osservare e provare a descrivere con la poesia. 
Accanto alla finestra si possono mettere o appendere poesie adatte ai bambini, in modo da aiutarli a trarre ispirazione. Se c’è abbastanza spazio, si può anche mettere un cavalletto in modo da permettere ai bambini di disegnare. 

“Batuffoli di cotone cadono dal cielo.”
“I fiocchi di neve sono dolci parole nell’aria.”
“La nebbia è una nuvola caduta sulla terra.”
“Il soffio di vento mi sussurra parole dolci.”   

Ilaria e Laura
Per quanto riguarda la lettura, nel cuore pulsante dell’aula e del laboratorio c’è naturalmente la biblioteca di classe. Ci basta qui richiamare gli articoli del blog che se ne occupano ampiamente per evitare di dilungarci nel merito, ma crediamo sia importante ricordare, con Aidan Chambers, che la disponibilità e l’accessibilità dei libri rendono una biblioteca davvero viva ed efficace: immaginiamo perciò un’area all’interno dell’aula per i testi che proponiamo ai nostri alunni, nella quale possano sostare, toccare i libri, confrontarsi, consigliarsi; lasciamo che i ragazzi stessi se ne prendano cura, ne stabiliscano l’organizzazione, ne custodiscano l’ordine; facciamo in modo, insomma, che diventi uno spazio vivo e presente nella quotidianità dei nostri bimbi e ragazzi come la lettura stessa.

Naturalmente è necessario educare i ragazzi a gestire al meglio riti, spazi e materiali, ma sarà sufficiente predisporre alcune minilesson procedurali molto mirate per raggiungere lo scopo: il senso della comunità passa anche attraverso la cura e il significato dello spazio che ci circonda.

Note
[1] Si veda, per esempio, il documento “Linee guida per il ripensamento e l’adattamento degli ambienti di apprendimento a scuola”, redatte nel 2017 con il contributo dei Ministeri dell’Istruzione facenti parte dell’Interactive Classroom Working Group (ICWG) di European Schoolnet, e per l’Italia anche dell’Indire, che nella seconda parte presenta una rassegna di risultati delle più recenti ricerche sul campo nel merito.

Bibliografia

N. Atwell, In the middle, Heinemann 2015
A. Chambers, Il lettore infinito. Educare alla lettura tra ragioni ed emozioni, Modena 2015
G. Heard, Awakening the heart, Heinemann 1999
J. Poletti Riz, Scrittori si diventa. Metodi e percorsi operativi per un laboratorio di scrittura in classe, Trento 2017
F. Serafini, Around the reading workshop in 180 days, Heinemann 2006

Sogno da sempre di abitare al mare, ma per ora vivo e lavoro a Parma. Insegno in una scuola primaria dove ho il privilegio di tornare ogni giorno un po’ bambina.

Vive e insegna (alla secondaria di I grado) in un paesino della campagna fuori Milano; ama smisuratamente il proprio mestiere, il buon cibo in compagnia e i preadolescenti, arruffati pellegrini dell’età dell’indefinitezza e della ricerca. Forse perché si vive lei stessa sempre in cammino: a volte arranca – soprattutto da che un preadolescente ce l’ha in casa -, altre si gode il viaggio.

 
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