“La Locandiera” ad alta voce: un percorso di RW al liceo

“La Locandiera” ad alta voce: un percorso di RW al liceo

Di letteratura, WRW, triennio di scuola secondaria di II grado e sperimentazioni abbiamo già parlato nel nostro sito (ad esempio qui e qui), e lentamente, dal basso, vengono a definirsi alcune idee, o prospettive, che lievitano e si danno forza l’una con l’altra nel confronto continuo e incessante che la comunità, reale e virtuale, concede.

La prospettiva con cui lavoro con i miei lettori e le mie lettrici è sempre più saldamente duplice: da un lato non dimenticare l’unitarietà del percorso quinquennale, pensando in ottica di un grande progetto di crescita delle competenze di lettura a conclusione del triennio e non per attività “carine” ma sparse; dall’altro la sperimentazione, la capacità di cogliere alcune opportunità specifiche della classe che abbiamo davanti, la convinzione che ogni gruppo è unico, e tanto più definito quanto più formato da persone che si stanno ormai avvicinando alla fine del loro percorso formativo o, almeno, che sono già dei giovani adulti.

Con queste piccole ma potenti direttrici mi sono trovato a riflettere sulla e con la classe che ho ereditato lo scorso anno, una quarta del liceo classico. Non è secondario esplicitare il contesto: al di là delle mille possibili differenze, in genere si tratta di studenti e studentesse ben disposti verso la disciplina, e soprattutto verso la lettura. Non solo. Molti e molte di loro hanno spesso un gusto già formato o in via di definizione, con interessi a volte molto specifici e persino settoriali in quanto a libri e opere narrative; e inoltre hanno una buona proprietà di linguaggio e un livello buono di comprensione del testo. Si trattava, dunque, di una classe già abbastanza agganciata al libro, motivata, su cui semmai era molto più interessante riflettere sul piacere del leggere, sulla possibilità di sganciarsi degli obblighi, sulla libertà di esprimere un pensiero proprio e motivato. 

In questo specifico contesto, allora, può avere senso il tentativo di leggere opere della letteratura “canonica” a voce alta, alternandole alla lettura di romanzi o testi contemporanei e per ragazzi. La scelta è caduta su La locandiera di Goldoni.

Giusto due parole sull’opportunità di leggere un testo teatrale; è a tutti e tutte evidente, infatti, che la cosa migliore è riportare il teatro alla sua forma di spettacolo e performance, e quindi andare a vedere e sentire la messa in scena. Tuttavia si tratta, qui, di ragionare in termini di letteratura teatrale: l’interesse è sul testo in quanto espressione letteraria, aspetto per altro non proprio secondario nella riforma di Goldoni!

La lettura può avvenire in 6 o 7 ore di laboratorio; un tempo molto esteso o molto stretto a seconda della prospettiva con cui lo si guarda, tenendo conto delle 4 ore settimanali che si hanno a disposizione. È stato anche necessario concordare la lettura di piccole parti a casa, per lasciare più spazio alla condivisione in classe. Va inoltre precisato che per la classe era già scontato conoscere, all’inizio di un percorso di approfondimento su un autore, aspetti della sua vita e del suo pensiero, anche ricercandoli in modo autonomo. Alla lettura ho premesso un’unica lezione di conoscenza della riforma goldoniana, a partire dalla situazione a lui antecedente (la commedia dell’Arte).

La lezione si è svolta secondo il modello WRW: ML su un aspetto, lettura condivisa e sharing time. Poiché avevo a che fare con ragazzi e ragazze grandi, il momento di modeling da parte mia è stato sempre abbastanza limitato, per lasciare invece spazio a sperimentazioni da parte di chi si sentiva di applicare la strategia. Per avere un’idea del grado di approfondimento senza però dilungarmi in un racconto dettagliato, porto tre esempi di strategie insegnate e applicate. 

La prima: riconoscere gli elementi del testo teatrale. Una prima lettura delle scene I e II dell’atto primo è stata svolta cercando intanto di ambientarci, come sempre fanno i lettori e le lettrici esperte; poi però siamo andati alla ricerca di elementi strutturali che caratterizzano il testo teatrale rispetto a quello in prosa e poesia. Come era prevedibile, alcuni di questi erano noti (scena, battuta, dialogo, “a parte”), altri non del tutto chiari (la differenza tra monologo e soliloquio, per esempio, che però compare per la prima volta solo nella scena IX).  

La seconda: applicare l’anatomia del personaggio ai tre pretendenti (Marchese, Conte e Cavaliere). Questo attivatore, sul cui uso si rimanda a Leggere, Comprendere, Condividere, si presta particolarmente ad essere impiegato, con le necessarie modifiche, sul testo teatrale: infatti, se assistessimo a una messa in scena, vedremmo l’interpretazione che l’attore dà del personaggio, che è già di per sé una lettura! In questo caso ci si concentrerà quasi esclusivamente sulle parole e sui pensieri, espressi nell’”a parte”, perché le azioni sono limitate a quelle proposte dalle didascalie, in Goldoni piuttosto limitate (l’anno successivo si potranno trarre interessanti osservazioni dal confronto con il testo di Pirandello). 

La terza: ricercare la verità. Sin dai primi momenti, la classe ha espresso il bisogno di capire dove sta la verità: come si capisce se un personaggio mente? Come si comprende l’ironia? Nel caso specifico, hanno ricavato che gli “a parte”, per loro natura, sono i luoghi di espressione del pensiero senza filtri; e che tuttavia bisognava anche distinguere, per esempio nelle parole di Mirandolina, quando lei recitava e quando invece era sincera.

L’esperienza è stata arricchente, certo per loro ma anche per me: ho infatti notato che solo l’accesso diretto e senza mediazione al testo permette la costruzione di un pensiero critico. Studenti e studentesse, anche nel prosieguo del percorso, hanno spesso effettuato confronti spontanei tra questi personaggi e quelli incontrati in altri testi, teatrali e non.

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