“Un campo di patate”, ovvero il mio taccuino del docente riflessivo

“Un campo di patate”, ovvero il mio taccuino del docente riflessivo

Credo che imparare a scrivere sia stato l’apprendimento più difficile di tutta la mia vita, nonostante il greco del Liceo, gli esami dell’Università e della Scuola di Specializzazione. Conservo un ricordo nitido di quanto fosse faticoso, per me, tracciare quei segni, che non assomigliavano affatto ai modelli proposti dalla maestra, ma erano sghembi e sempre con qualche gobbetta qua e là. Allora cancellavo, strofinando il foglio con il cappuccio della mia Replay, una penna che all’epoca andava molto di moda e che permetteva a me, mancina, di non trascinare l’inchiostro sulla pagina. Cancellavo, riprovavo, non ero soddisfatta, cancellavo nuovamente. Sono sempre stata una perfezionista, sempre in bilico tra l’insoddisfazione e la ricerca di qualcosa che mi sfugge ancora oggi, come un elastico che si tende, si tende ancora, e poi ritorna al punto di partenza, un po’ cambiato, in verità, da ogni movimento eseguito.
“Campo di patate”, e la sua variante “campo minato”, erano le metafore coniate dalla maestra per i miei quaderni di allora. 

Poi ho scoperto la lettura, i fumetti di Paperino per l’esattezza, e la mia vita è cambiata per sempre, avevo trovato la mia dimensione, ciò che amavo e amo fare più di qualsiasi altra cosa: lèggere.
Leggere, era ed è, una passione intensa, un piacere unico, un modo per ignorare la vita o per immergersi in essa e provare a comprenderla. E di colpo, i miei “campi di patate” pieni di errori ortografici erano diventati interessanti. La maestra, e poi i miei professori, erano disposti a non considerare più così gravi la pessima grafia e un numero di errori superiori alla media.
Il percorso non è stato facile, ma, di certo, le cose sono migliorate molto con il tempo e più precisamente con l’espandersi dei miei interessi letterari, con la riduzione graduale al liceo – e l’eliminazione all’università – delle ore di matematica, e, infine, con la videoscrittura.
Intendiamoci, le cose non sono migliorate perché le mie difficoltà di scrittura, ortografiche e di calcolo non esistano più. Ho imparato a ridere insieme ai miei alunni degli errori che commetto mentre scrivo alla lavagna e ho deciso che il mio taccuino del docente riflessivo fosse cartaceo, anche se assomiglia ancora a quel “campo di patate”, pieno di scarabocchi, cancellature, errori, lettere sghembe. 

Perché un taccuino del docente cartaceo e disordinato?

Perché il taccuino del docente per me è uno strumento di lavoro fondamentale, un attrezzo. Non posso aspettare di accendere il pc e non posso perdere tempo a nominare, organizzare e ordinare i vari file in cartelle e sottocartelle. 
Il mio taccuino del docente è un quaderno semirigido, di medie dimensioni, che mi accompagna sempre e dappertutto. Mi serve per annotare le idee e iniziare a progettare percorsi di lettura e scrittura, per impostare le minilesson, per non scordare gli spunti per feedback o consigli da dare ai miei studenti o per tenere una rapida traccia delle mie osservazioni su di loro; mi serve per scrivere liste di cose da fare, di libri da leggere o da studiare, mi serve soprattutto per tenere traccia dei romanzi che leggo o dei libri che studio.
E nel magma caotico, vorticoso e, come sapete, dislessico delle mie annotazioni sul taccuino del docente, quelle dedicate ai libri per ragazzi sono diventate per me uno strumento fondamentale per aiutare i miei lettori a crescere. 

Ecco, ora non immaginate che io annoti mentre leggo. Non ci riesco!
Mentre leggo sottolineo le parti che amo, spesso annoto a bordo pagina idee per le minilesson di scrittura e di lettura, qualche volta faccio le orecchie alle pagine (ebbene sì, lo confesso!) e poi immancabilmente non ricordo perché ho massacrato la pagina, infine, in rare occasioni, trovo simultaneamente post-it e penna e appiccico soddisfatta le mie note sulla pagina giusta.
Le mie annotazioni sul taccuino arrivano sempre a fine lettura: utilizzo l’hashtag #romanzi_ragazzi, scrivo titolo, autore, casa editrice, anno di pubblicazione, scorro le pagine del libro appena terminato, cerco post-it, sottolineature, orecchie (!!!) e inizio a scrivere. 
Le informazioni che non mancano mai sono: l’età di lettura, la competenza di lettura necessaria per apprezzare il romanzo e una breve sinossi. Talvolta inserisco anche il nome o i nomi di alunni a cui potrei consigliare il libro, perché consigliare il libro giusto al momento giusto può far innamorare un ragazzo della lettura. 
La tipologia di annotazione che preferisco è lo “schema a Y”, l’organizzatore grafico ideato da Agnese Pianigiani a partire dalla strategia di Frank Serafini “IMPRESSIONI, DOMANDE, CONNESSIONI”. Questo tipo di annotazione mi permette non solo di presentare ai ragazzi un libro nuovo in maniera familiare e non noiosa, ma di offrire alla classe un modello di scrittura per le annotazioni e, in seguito, per le recensioni. 

Ecco dunque una pagina del mio taccuino del docente. 

Si tratta della prima di una serie di pagine dei nostri taccuini, una rubrica periodica che si chiamerà “Dal taccuino del docente”. Naturalmente, ogni IWT interpreta il taccuino del docente riflessivo in modo personale: alcuni si concentrano sugli stimoli di riflessione che trovano nei libri, altri annotano mentre leggono, strada facendo, e poi ragionano sull’evoluzione delle loro impressioni, altri sperimentano con maggiore costanza i propri territori di scrittura per offrire agli alunni efficaci mentor di scrittura, altri ancora creano mappe concettuali o disegnano appunti visuali talmente belli da suscitare la mia invidia, sempre buona eh! 
La grande ricchezza di essere una comunità di pratica che sperimenta e si confronta quotidianamente sul WRW emerge prepotente dalle mille sfaccettature delle nostre voci, che discutono, si scontrano, mediano, crescono, si completano e si alimentano le une dalle altre e, nello stesso tempo, sono personali e molto riconoscibili. (Nessuno confonderebbe mai il mio “campo di patate” con le pagine di puro talento artistico di Loretta De Martin, e questo è il bello!). Ognuno racconterà il suo approccio al taccuino e selezionerà una pagina da pubblicare, ognuno contribuirà a rendere più ricca la gamma delle possibilità all’interno di una cornice metodologica comune.

Quella che segue non è una pagina qualunque del mio taccuino. È una pagina dedicata all’ultimo romanzo di una scrittrice che amo molto e che avrò il privilegio di ospitare a Cles (Trento) in primavera, in occasione del festival “Lettori in fiore”, il primo festival di letteratura per bambini e ragazzi ideato, progettato e fortemente voluto da docenti che sperimentano il laboratorio di lettura.

L’autrice, Elisa Puricelli Guerra, ha letto questa pagina di taccuino e ha puntualmente risposto alle mie “domande”, offrendomi moltissimi altri spunti di riflessione sul romanzo, sulla scrittura, sulla lettura. Ma questa è un’altra storia, che racconterò in un altro articolo. 

Ecco, dunque, la pagina del mio taccuino, promessa già un paio di paragrafi fa.


#romanzi_ragazzi
  Giugno 2020

Il segreto del Pettirosso – Elisa Puricelli Guerra – Salani – 2020

Impressioni

Il romanzo scorre veloce, i capitoli sono brevi e fin da subito cattura il lettore. Incipit molto interessante, giocato su sensazioni uditive e pieno di mistero. Deliziosa l’immagine iniziale della ragazza rannicchiata nella credenza.
È adatto a lettori forti 11+.
Zelda, protagonista femminile, mi è piaciuta moltissimo, sfreccia veloce tra le pagine con tanta grinta. È curiosa, coraggiosa, impetuosa e ironica: spassose le sue invocazioni ai Santi in rima baciata e le sue considerazioni sul destino delle sorelle minori. È colta nel momento di passaggio tra l’infanzia e l’adolescenza e questo momento di passaggio è reso in maniera viva e originale: emerge dal cambiamento del rapporto con la sorella più grande, dai riferimenti a uno sterminato “laffuori” dove si nasconde la vita e, naturalmente dal rapporto con Leggero, il protagonista maschile.
Leggero è un personaggio che ho amato molto, è assolutamente originale e così vero: 13 anni, infanzia difficile, misterioso, coraggioso, funambolo con braccia forti e dita delicate, come i suoi pensieri. Delicatissima anche la sua attrazione per Zelda, poetica l’immagine del pettirosso impettito e con le piume arruffate che lui accosta alla ragazza.
Molto interessanti tutti personaggi minori, mai scontati e banali. Sembra quasi che non ci siano nel romanzo personaggi che restano sullo sfondo, tutti sono ben delineati ed emergono con forza dalle pagine. Nessuno di loro è stereotipato, c’è tanta profondità in ognuno.

Al di là del mistero, dell’avventura, della forza della protagonista femminile, nel romanzo ho amato più di tutto la ricchezza dei contrasti nei numerosissimi dettagli: la sporcizia del pollaio e le scarpette di raso, le sfumature di muffa e le calze di seta, la vernice dorata che si scrosta e il soprabito con bordi di pelliccia e soli ricamati.
Il finale non è affatto scontato, in ritmo tiene fino alla fine molto bene, come in Cuori di carta. Dolcissima l’immagine finale di Zelda con la nonna.
Adatto, anzi perfetto, per circoli di seconda.

Domande

La copertina è meravigliosa, fa subito pensare a un romanzo di Jane Austen, ma non rappresenta Zelda che ha i capelli neri e nemmeno la nonna che ha gli stessi capelli corvini, come mai?
Si tratta di un romanzo adatto anche ai ragazzi, perché Leggero è un personaggio importante, sarà difficile proporre ai ragazzi un romanzo con questa copertina?
Come mai i titoli dei capitoli dedicati a Zelda iniziano con “dove”? Si tratta di un elemento che aiuta a distinguerli dai capitoli che si riferiscono a Leggero?
I ragazzi che non conoscono Garibaldi e, soprattutto, cosa Garibaldi ha rappresentato nel Risorgimento potranno gustarsi pienamente il romanzo? Forse dovrei fornire prima dei riferimenti, a voce e brevemente?
Perché la sinossi dei personaggi all’inizio? Forse per aiutare i ragazzi nella comprensione?
Per una lettura ad alta voce è un forse po’ lungo?
Può catturare lettori con competenze medio-basse se riesco a sostenere la lettura individuale con le giuste consulenze?

Connessioni

Sicuramente questo romanzo ricorda Jane Austen: nello sguardo preciso e ironico, nei dialoghi. Zelda ricorda molto le ragazze intelligenti e grintose che popolano i romanzi dell’autrice, così come ritornano il valore della memoria e della parola scritta che troviamo ad esempio in Cuorenero e Cuori di carta. Questo romanzo però mi sembra molto maturo rispetto ai romanzi precedenti dell’autrice, si nota un’evoluzione, anche nello stile. 

Parole chiave: Avventura, Mistero, Adolescenza e Primo amore, Risorgimento, Garibaldi.

Bibliografia

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