Stupore, dolce medicina. La meraviglia di svelare il poetico nascosto nell’ordinario

Stupore, dolce medicina. La meraviglia di svelare il poetico nascosto nell’ordinario

Prima o poi arriva quella Minilesson.

Quella che svolta tutto. 

Quella che apre gli occhi. 

Quella che trasforma gli studenti in EtaBeta.

Non è mai una minilesson isolata, non arriva come un’illuminazione: è parte di un ingranaggio ben strutturato, uno degli strumenti di un’orchestra che concorrono all’armonia.

Lo sguardo ai dettagli che costruiscono l’insieme è uno dei punti di svolta più netti tra quello che facevo prima del WRW e ciò che caratterizza ora la mia didattica. Non che prima non ponessi attenzione ai particolari, ma mi rendo conto che proponevo per lo più singole attività, creative ed accattivanti ma fini a se stesse, che iniziavano e finivano in quell’ora e su quelle pagine di quaderno, ma che non incidevano profondamente sulla scrittura dei miei studenti e sul loro essere lettori.

È come una scatola di Lego: un singolo mattoncino da solo non serve a nulla. E se non ci fossero le istruzioni? E se la costruzione ci venisse offerta già ricomposta e impacchettata, che vantaggio potremmo trarne? Io credo nessuno. La Minilesson che guarda lontano, quindi, è uno dei tanti mattoncini che noi mettiamo a disposizione dei nostri alunni per costruire il proprio castello: uno dei mattoncini che abbiamo ricavato dopo aver progettato, costruito e smontato pezzo per pezzo quell’edificio.

Potenzialmente, dunque, tutte le minilesson possono rappresentare una svolta. La Minilesson, infatti, non sempre è la stessa per tutti ma da quando lavoro a bottega con i miei scrittori e lettori lei si presenta, immancabilmente, nella fase di immersione. È successo anche stavolta, qualche giorno fa, mentre ce ne stavamo lì a marinare nella poesia dalla testa ai piedi.

Fino a quella mattina i ragazzi erano convinti che la poesia fosse

  • un insieme di parole poetiche
  • delle parole che possono fare rima
  • un testo che parla di sentimenti forti
  • un testo che insegna delle cose
  • un testo con dei versi 
  • un testo con regole tutte sue dove il poeta segue i suoi sentimenti

Questo almeno avevano stabilito nel corso delle precedenti sessioni di laboratorio quando, in gruppo, avevano dovuto ragionare sull’essenza della poesia a partire da pezzi che avevo loro affidato [1].

“Ma com’è possibile?” – continuavo a chiedermi. “Com’è che mi restituiscono definizioni ordinarie, quasi “da wikipedia”, mentre quando chiedo loro di scegliere i versi che ritengono più incisivi hanno un fiuto eccezionale per quelli con le parole più dense, i suoni più ricercati, le immagini più potenti?”

Poi ho capito. Tutto quello che mi serviva era una lente di ingrandimento: qualcosa che desse loro la possibilità di guardare da vicino e di riconoscere lo stupore tra le pieghe delle sfumature delle cose. 

Ho pensato quindi di anticipare la ML “Ordinario versus poetico” che avevo program­mato di svolgere durante la fase di revisione. Secondo le mie prime intenzioni i ragazzi avrebbero dovuto ricercare sia i passaggi più deboli dei loro pezzi, sia i luoghi comuni intrappolati nei loro versi e lavorare o sul lessico o sulla creazione di immagini più forti e meno scontate. Spostare questa ML in immersione ha comportato una parziale riscrittura della stessa dal momento che anche gli obiettivi della lezione sarebbero stati differenti. Se prima si trattava di riorientare la bussola, ora il mio intento era quello di rieducare ed allargare lo sguardo.

La connessione quindi mi è servita sia per aprire al nuovo scenario sia per consolidare quanto di positivo i miei studenti avevano intuito fino a quel momento. 

Ragazzi, [ho detto] continuiamo la nostra immersione alla ricerca delle caratteristiche di una poesia di qualità. Nei giorni scorsi vi siete soffermati soprattutto sugli elementi formali del testo poetico e devo dire che siete stati davvero bravi a ragionare su versi, rime, strofe e ritmo. 

Anche esplicitando in modo chiaro il teching point ho cercato di sostenere il loro apprendimento:

­Oggi faremo un passo avanti e vedremo come in poesia forma e contenuto abbiano lo stesso valore. Voi avete già detto che la poesia insegna, che aiuta ad esprimere sentimenti, che è precisa nel linguaggio. Ma come fanno i poeti a scegliere di cosa scrivere? Come fanno a farci spalancare gli occhi di fronte alla vita? 

 A quel punto ho proposto la lettura dell’albo “La Meraviglia” di Loricangi. 

Tutto ruota intorno ad un bambino che vuole ritrarre, proprio come fanno i grandi artisti, la bellzza del mondo. Durante la crescita, e nella sua ricerca del soggetto giusto, si sofferma di volta in volta su aspetti differenti della realtà: gli oggetti a lui cari della sua cameretta, la natura, il regno animale, gli esseri umani e, infine, la bellezza di un’anima.

A rendere ancor più intensa questa lettura è il fatto che il bambino, ogni volta che si sofferma su ciascuna di queste cose, le vede “veramente e per la prima volta”. E così i fiori del giardino, le carote dell’orto, l’oca dalle piume bianchissime e lo sguardo allegro, gli innamorati che si guardano negli occhi, diventano grandi, più grandi di lui. 

Ci abbiamo ragionato un’oretta abbondante su questo albo. Abbiamo percorso in lungo e in largo le sue pagine, zoomato sui dettagli, scoperto trame di riflessione, livelli di lettura non immediati. Alla fine della discussione di gruppo tutti erano concordi nel ritenere che il poeta guarda ogni volta ciò che lo circonda veramente e per la prima volta; oltrepassa la semplice apparenza dell’ordinario, scopre i piccoli particolari  che ne rivelano la meraviglia e cerca le parole più adatte per svelarli agli altri. 

Proseguendo con la sessione di laboratorio (avevo due ore a disposizione) ho sistemato al centro di ciascuna isola di lavoro un oggetto della quotidianità ed ho chiesto ai ragazzi di osservarlo prima con gli occhiali dell’ordinario, poi con quelli della meraviglia. 

Naturalmente ho fatto modeling con una delle cose più ordinarie che ci siano: una scodella di minestra calda.

Ecco alcuni esercizi di meraviglia dei miei studenti:

Nel corso dello share time, dopo aver commentato i loro lavori, ho chiesto ai ragazzi di rivedere la propria definizione di poesia. Di trasformarla da ordinaria a poetica.

Francesco ha detto che le strofe di una poesia sono la chiave che apre passaggi segreti, Alessia ha aggiunto che i versi sono una mappa per attraversare un labirinto di emozioni e Giulia ha dichiarato che per leggere una poesia dobbiamo indossare gli stessi occhiali di chi l’ha scritta o, almeno, cercare di guardare le cose allo stesso modo: veramente e per la prima volta.

E così abbiamo fatto. A partire dalla minilesson successiva la ricerca delle caratteristiche della poesia di qualità ha svoltato. Per ora i ragazzi stanno annotando individualmente a partire dai testi che di volta in volta propongo loro, quindi si confrontano a piccoli gruppi ed infine a classe allargata. Stanno selezionando scrittura esemplare e, presto, saranno pronti a compilare la lista degli irrinunciabili per  poesie meravigliose. 

È proprio vero: La cura passa dagli occhi. (2)

La sapienza della ragnatela

Ha fatto una goccia prigioniera.

Osservare è una minuscola miniera

tesori si nascondono

nella cosa più vicina

Stupore, dolce medicina.  

Silvia Vecchini.

(1)  Tra le poesie proposte: Passaggio segreto di Tony Mitton, Controversi, di Chiara Carminati, pubblicata in “Viaggia verso, poesie nelle tasche dei Jeans”, Il poeta, di Benedetto Tudino pubblicata in Mestieri”, La poesia è un pezzo di cielo, di Margaret, una loro coetanea, pubblicata in “Ma dove sono le parole” a cura di Chandra Livia Candiani e Andrea Cirolla.

(2) Il titolo esatto della poesia di Silvia Vecchini è “La cura che passa dagli occhi” ed è pubblicata in Scacciapensieri. Poesia che colora i giorni neri. Per saperne di più su questo progetto potete consultare il link http://poetrytherapy.it/lantologia-scacciapensieri/ Grazie ad Agnese Pianigiani e Loretta De Martin per il suggerimento: non poteva esserci poesia migliore per rifinire il mio percorso in classe.

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2 thoughts on “Stupore, dolce medicina. La meraviglia di svelare il poetico nascosto nell’ordinario”

  • Che bel lavoro Silvia, credo proprio che non resisterò alla tentazione di copiare alcuni spunti. Sei uno scrigno di proposte sempre interessantissime e coinvolgenti.Ti scrivo una poesia di Andrea Melis intitolata” Poeisa per lavare lo sguardo al mattino” che mi sembra collegabile al tuo lavoro.

    Poesia per lavare lo sguardo al mattino

    Non scordare di lavarti lo sguardo al mattino.
    Guarda un fiore,
    un bambino,
    una nuvola che ricama il sole.
    Usa l’azurro del cielo come panno pulito,
    la pioggia che picchetta sugli sbadatisenza ombrello
    come detergente,
    guarda in viso le mamme che portano i figli a scuola,
    leggi almeno una poesia come collirio,
    e se in casa non hai poeti
    recita gli ingredienti dei biscotti che ami,
    e come atto di quiete
    impara il santo del giorno,
    chiediti chi è
    e poi amalo o odialo,
    è indifferente.
    Ribellati alla schiavitù dell’orologio,
    e fai di ogni istante il tuo anniversario,
    ricava spazio nei tuoi occhi
    per le cose che non ti concedi di vedere,
    così, prima di uscire di casa,
    come rassetti la stanza per trovarla accogliente al tuo ritorno,
    come apri le finestre per cambiare l’aria,
    non scordare di lavarti lo sguardo
    per predisporti al mondo,
    soprattutto se non sei felice
    e se pensi di non avere tempo per queste cose.
    Allora, davvero:
    non uscire di casa
    senza prima lavarti lo sguardo al mattino,
    così che tu possa meglio vedere
    dove la tua vita può cambiare.

    P.S. Se non sbaglio tu vivi o lavori a Cetona; quest’estate avevamo prenotatato 4 giorni in una bellissima casa a Cetona per visitare l’Umbria, regione d’origine di mio marito, ma non ancora entrata nei nostri tour.. Per contrattempi legati alle vacanze dei figli, non siamo riusciti a venire, ma ci riusciremo. Buona serata e buon lavoro
    Elena Patrucco

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