Letteratura vagabonda. La storia di un incontro scritta a più mani

Letteratura vagabonda. La storia di un incontro scritta a più mani

Una decina di anni fa in una fredda mattinata di febbraio, circa un’ora prima dell’inizio delle lezioni, sono entrata di nascosto nella scuola in cui svolgevo la mia primissima supplenza come docente di italiano e mi sono asserragliata in II C con un arsenale che se mi avesse intercettata il preposto alla sicurezza…

Ho preparato tutto nei minimi particolari: abbassato tapparelle, spostato banchi, appeso cartelloni, sistemato sagome di cartone in fondo alla classe, addobbato sedie con carta crespa marrone e verde e, alle 8:00, come se niente fosse, sono scesa nell’atrio ad accogliere i ragazzi per portarli in classe. Ma poi non l’ho fatto. Ho chiesto loro di posare zaini, giacche e cartelline di tecnica davanti alla sala insegnanti, li ho fatti sedere sulle scale che portavano al piano superiore ed ho iniziato a leggere: “È la primavera dell’anno 1300. C’è grande agitazione nel mondo cristiano…” (L. Gotti, G. Radelli, 1996). Ho introdotto il Giubileo indetto da Bonifacio VIII ed ho chiesto ai miei alunni di mettersi in viaggio con me. Siamo saliti in un silenzio di tomba. Davanti alla porta della classe ho ripreso la lettura: “Lontano dalla confusione delle città, un uomo si aggira nella foresta. Si è perduto; da una notte sta cercando di uscirne, ma non c’è verso di trovare il sentiero giusto. Più gira e più perde l’orientamento.” (ibidem).

Ho aperto la porta della classe. I ragazzi hanno sgranato gli occhi e spalancato le bocche. Sui davanzali, sulla cattedra e su alcuni banchi brillavano sottili fiammelle. Le sedie erano diventate alberi frondosi. Sul fondo della classe si intravedevano le sagome di tre animali feroci. Avevo messo su proprio un bello spettacolo: grandi artifici studiati appositamente per esaltare l’immaginario dei ragazzi ed accendere la loro motivazione. Ci siamo seduti a terra, in cerchio, ed ho iniziato a leggere il primo canto della Divina Commedia.

È andato tutto bene: non ho incendiato la scuola ed anche i più vivaci di II C sono stati nelle settimane successive, per tutto il percorso dantesco, collaborativi ed attenti. Tutti, nessuno escluso, se la son cavata egregiamente anche nella verifica conclusiva.

Non ho più ripetuto quell’esperimento, e non soltanto per la sopraggiunta “saggezza”; non l’ho mai riproposto perché, un paio di anni più tardi ho incrociato per caso un ex alunno della II C e la prima cosa che mi ha detto è stata: “Prof! Che bello vederla! Lo sa? La sua installazione per introdurre la Divina Commedia è una delle poche cose delle medie che mi resterà impressa per sempre!”. Ecco: non era quello che volevo ottenere. Il “Cesta” non avrebbe dovuto non scordarsi mai più delle candele e delle piante di carta crespa. Avrebbe dovuto ricordarsi per sempre la potenza dei versi di Dante. Mi è subito stato chiaro quello che avrei dovuto fare da lì in avanti: ridurre all’osso l’artificio per esaltare la Letteratura, spegnere le fiammelle delle candele per accendere il fuoco delle parole, far sentire i ragazzi avvolti dal loro suono, far vibrare quei versi e quelle pagine immortali dentro di loro e tra di loro.

Ho così iniziato a cercare di capire quale fosse la forma adatta a far risaltare la sostanza. Durante le mie ricerche ho avuto la fortuna di incontrare le Teachers ed attraverso loro prima Louise Rosemblatt e la lettura transazionale, poi il Reading Workshop e Frank Serafini. Mi sono riconosciuta. Soprattutto nella volontà di utilizzare le strategie “in service of meaning” (Serafini, 2004)  per supportare la comprensione profonda e promuovere la co-costruzione dei significati attraverso la loro negoziazione. Ecco la strada da percorrere.

Per questo la prima volta che sono tornata a lavorare in una seconda con il WRW ho scelto di introdurre, nell’unità intensiva di Reading dedicata a Dante, il Walking Journal. Il taccuino vagabondo – grazie a Loretta De Martin per la traduzione – è un taccuino del lettore condiviso tra tutti gli studenti di una stessa classe; un taccuino speciale che passa di mano in mano, di penna in penna, raccogliendo le annotazioni di ciascun alunno/a a partire – solitamente – da uno stimolo offerto dall’insegnante sulla base della lettura ad alta voce condotta in classe.

Al taccuino vagabondo sono arrivata in modo graduale. Nel corso della I media ho lavorato molto sulla lettura, sulle strategie più efficaci per leggere “da palombari” (ancora Loretta!), su come redigere un’annotazione coi fiocchi e sulle miriadi di annotazioni possibili a partire da una stessa pagina di libro letta. I ragazzi sapevano quindi cosa mi aspettavo da loro. Non sapevano però che il taccuino vagabondo avrebbe spinto al massimo l’acceleratore sul loro essere lettori e sull’esserlo insieme.

Già, perché non si tratta solo di una collezione di annotazioni: è una storia. La storia scritta a più mani di un incontro con se stessi, gli altri, ed un’opera letteraria. Un incontro che è scoperta, illuminazione, sfida, innamoramento, fatica, fiducia, scontro, compromesso, carezza, abbraccio, tempesta, riparo…

L’incipit lo scrive il docente: è lui/lei che inaugura il taccuino dando il benvenuto ai ragazzi, reagendo in primis al testo e lanciando lo spunto di lavoro iniziale.

Le modalità pratiche del suo utilizzo devono essere da subito ben chiarite ai ragazzi.

  • Ogni volta che il taccuino arriva tra le mani di qualcuno è necessario leggere tutte le annotazioni di chi ha scritto in precedenza;

  • è buona norma, nel redigere un’annotazione, collegarsi a quanto scritto dai propri compagni o rispondere alle loro domande per poi offrire il proprio contributo alla discussione;

  • ciascuno è chiamato ad annotare facendo emergere la propria voce e il proprio sguardo. Anche con un disegno (naturalmente spiegandolo), anche con una lista, una poesia o un organizzatore grafico;

  • se nel frattempo la lettura ad alta voce procede viene da sé che le annotazioni dovranno accogliere i nuovi stimoli (a partire dalle ormai familiari impressioni, connessioni e domande) offerti dal testo.

Settimanalmente i lettori-scrittori sono chiamati a fare il punto nel corso di una discussione in classe. È questo il momento per leggere ad alta voce gli interventi più incisivi, celebrare sforzi e successi, chiarire i diversi punti di vista e negoziare i significati. Da qui si riparte. Il taccuino riprende il suo viaggio.

Io invece rimando indietro il caricatore per proporvi la prima diapositiva del nostro viaggio con Dante insieme a  qualche pagina della nostra storia.

Un annetto fa, in una fredda mattinata di febbraio, una ventina di minuti prima dell’inizio delle lezioni sono entrata in II per sistemare la classe.

Ho preparato tutto nei minimi particolari: ho riletto i brani che volevo proporre ai ragazzi, sottolineato i passaggi più significativi, cerchiato i termini su cui avrei dovuto maggiormente enfatizzare durante la lettura ad alta voce… Suonata la campanella i ragazzi sono entrati nell’aula e come sempre, dopo aver sistemato i banchi, si sono seduti a terra in cerchio armati di penna e taccuino, pronti per una sessione di laboratorio di lettura.

Il libro che [stiamo] per leggere racconta una storia di molti secoli fa. Una storia straordinaria, diventata famosa al punto da fare il giro del mondo…” (P.Di Paolo, M. Berton, 2016). Ho introdotto il poema dantesco leggendo alcuni passi della bellissima introduzione di Paolo di Paolo al suo racconto della Divina Commedia, il testo che avrei utilizzato per tutto il percorso come collante e, riallacciandomi alle sue parole, ho lanciato la proposta del taccuino vagabondo chiedendo ai miei alunni di mettersi in viaggio con me.

 

Aspettative e prime impressioni

Io dalla Divina Commedia mi aspetto un amore impossibile, un viaggio che cambia la Storia e la vita di Dante. Una storia che descrive la gioia e la tristezza, come il Paradiso e l’Inferno. Credo che ci troverò tanti collegamenti con la mia vita…”

I.

“Ciao a tutti. Prima di tutto volevo fare i complimenti a I. perchè, non so se per voi è così, ma a me è piaciuto tantissimo quello che ha scritto su Dante e sulla Divina Commedia. Ci fa capire tutti i sentimenti che la scrittura di Dante ci fa arrivare. Invece, a me, la prima cosa che mi ha fatto capire la Divina Commedia, è che con i sacrifici si arriva a fare tutto e anche l’impossibile diventa possibile. Ci dice anche che non importa essere alti, grandi e forti di statura ma di cuore e di fantasia.

L.

I e L, lo sapete che avete ragione? Dalla Divina Commedia mi aspettavo che era una cosa lunga, difficile da capire ma poi ho capito che è “solo” la vita di Dante, tutti i suoi pensieri, le sue paure, la sua voglia di fare e ho capito anche che tutte le persone che esistono possono avere una propria Divina Commedia e che ognuno può pensare con la propria testa. Vedremo cosa ci riserverà! P.S. Dante secondo me quando scriveva pensava molto a Beatrice e per scrivere doveva andare fuori per farsi venire delle idee”

T.

 

“Io sono d’accordo con I. e L. per ciò che hanno scritto ma io vorrei aggiungere dell’altro: per me la Divina Commedia è un testo moderno che si potrebbe categorizzare come fantasy, l’unica cosa che lo differenzia è il linguaggio. Per me ogni pagina della Divina Commedia va esaminata accuratamente perché ci fa riflettere, come ad esempio le pagine del I canto dell’Inferno che mi hanno fatta riflettere sulle mie paure. Anche io come Dante, come Chiara e molti altri ho una paura insuperabile: la guerra, ed anche se venisse qualcuno a me caro (come Virgilio a Dante) non credo che la supererei. È stupefacente come un uomo del 1300 riesca a trasmetterci così tanti messaggi!.

A.

 

Gli ignavi

“Gli Ignavi” mi vergornerei ad essere pestato da loro, poveri vermi! Non capisco come si faccia a stare lì e non scegliere. Una delle cose più belle del mondo è la scelta. […] A me piace tantissimo essere preso per matto esprimendo la mia opinione, perchè so che non sono io ad aver paura di parlare […] Ignavo è chi si sottomette al volere crudele di questo mondo”

M.

Ciao a tutti! Per quest’annotazione ho deciso di “rispondere” alle domande che sono state poste dalla prof. ad esempio: cosa ne pensate del primo canto dell’Inferno? (Bhè io credo. prima di tutto, che Dante sia come tutti noi, ma più in grande, ha il coraggio di scrivere quello che nessuno ha mai scritto, e il modo in cui lo fa è sorprendente, ma oltre alla sua coordinazione, è fantastico il fatto che lo faccia per esprimere il suo stato d’animo! Non risponderò, esattamente a quella domanda, dirò cosa ne penso del terzo canto dell’Inferno, e di come Dante parla degli ignavi; vorrei iniziare trattando dell’utilizzo dei verbi,che fanno pensare “cavolo!”, Dante, a costo di esprimere  la propria opinione in modo corretto, è talmente specifico che da quasi una sensazione di disgusto quando parla degli ignavi. Condivido l’opinione di M., la possibilità di scegliere è un diritto di grande importanza, ma penso sia sbagliato punire in modo così esagerato delle persone solo perchè non sono state partecipi ad una vita pubblica, fra l’altro già quella è una pena da scontare.

S.

S!!! Sono senza parole! l’explicit del tuo intervento è una BOMBA. Mi ha fatto pensare a una citazione di Calvino che ho letto on line l’altro giorno mentre cercavo degli spunti per continuare il mio racconto. Lui scrive questa meravigliosa perla in un libro intitolato “le città invisibili” (Prof, ce lo porta nella biliodiclasse?): “l’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo noi tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non sofrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa in mezzo all’inferno noon è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.” Che ne dite? non è bellissima?

C.

 

Ciao a tutti! oggi è capitato a me raccontare la mia opinione sulla Divina Commedia e su Dante, ma prima di iniziare vorrei rispondere alla domanda che ha scritto C. Secondo me è una delle annotazioni più spettacolari che abbia mai letto in tutta la mia vita! Io sceglierei il secondo modo perchè ribellarsi all’inferno lo rende un paradiso. Il primo modo ci rende ignavi perchè tu metti la tua vita nelle mani degli altri. Del canto V la parte che mi è piaciuta di più è quando Virgilio si intromette nella conversazione tra Minosse e Dante. Una cosa che ho notato, sicuramente non solo io, è che Virgilio zittisce Minosse con le stesse parole che usa per far tacere Caronte. Ma il punto non è questo. Il punto è che queste parole sembrano come se tu dicendole diventi Hulk o qualcosa del genere. E a voi? Come vi fanno sentire?

F.

 

Le parole e i versi di Dante sono arrivati a destinazione: tutti i ragazzi, nessuno escluso, se la son cavata egregiamente anche nella scrittura dell’explicit individuale alla nostra storia condivisa.

“Dante scende per poi risalire. Attraversa l’inferno, scala il Purgatorio e giunge in Paradiso. Ma come ha fatto Dante ad arrivare fino a Dio? Scappando da un incubo o rincorrendo un sogno? Questo Dante ce lo dirà, lentamente ci accorgiamo di questo particolare.

Il modo in cui scrive Dante è sublime, tanto che mentre leggi sei convinto che il tuo mondo sia quello, lo stai vivendo. Provi il dolore che provano i dannati mentre Cerbero li sbrana, provi la rabbia di Caronte e riesci a sentire il rumore sordo dei colpi di remo sulle teste delle anime,  senti le urla, le strida, i gemiti che squarciano l’aria, la pelle ustionata dal fuoco vampante, provi l’amore tra Paolo e Francesca, l’odio tra Ugolino e Ruggieri, senti la pioggia pesante sulla testa e la sensazione di essere punto da migliaia di vespe.

Poi smetti di leggere. Alzi gli occhi. Ritorni alla realtà e al mondo che ti eri dimenticato che esistesse. Questo è Dante e io ho camminato nell’inferno sentendomi al sicuro perché a tenermi per mano c’erano i miei compagni. Il nostro taccuino era una bussola ma anche una strada e una cassa di risonanza. Io in quei versi continuerò sempre a camminare.”

M.

La forma al servizio della sostanza.

In service of meaning.

 

Bibliografia

Gotti, L. – Radelli, G., Il viaggio di Dante, racconto della Divina Commedia, Edizioni scolastiche Bruno Mondadori.

La Divina Commedia raccontata da Paolo di Paolo con Illustrazioni di Matteo Berton. Ed La nuova frontiera junior, 2016.

Serafini, F., Lessons in comprehension: Explicit Instruction in the reading Workshop. Portsmouth, NH, Heinemann, 2004.

 

Per approfondimenti sulla lettura transazionale: https://www.itals.it/sites/default/files/pdf-bollettino/Caria_paola_parte1.pdf

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1 thought on “Letteratura vagabonda. La storia di un incontro scritta a più mani”

  • Articolo molto ispirante, Silvia! Che brava sei! Felice di aver seguito il tuo corso a Roma, due anni fa. Un caro abbraccio!

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