Al cuore della non-fiction in 7 mosse

Al cuore della non-fiction in 7 mosse

Prima di incontrare il Writing and Reading Workshop, nelle mie classi trattavo la scrittura di testi non fiction prevalentemente in terza media e soprattutto come preparazione alla prova scritta d’esame. In particolare, ho sempre fatto esercitare i miei alunni sul testo argomentativo che considero una buona palestra anche per prendere coscienza delle proprie posizioni, indagare problematiche attuali e strutturare in modo coerente il pensiero.

Ma la non fiction è in realtà un grande contenitore al cui interno sono presenti altre tipologie testuali, come ad esempio il testo espositivo.

Se ci pensiamo bene, ai nostri alunni piace intervallare la lettura di romanzi con testi espositivi. Anche io da piccola ero una grande lettrice di manuali, in particolare quelli delle Giovani Marmotte. Mi appassionava il loro linguaggio tecnico ma allo stesso tempo coinvolgente; mi piaceva immergermi in argomenti sconosciuti e rimanerne catturata.

Eppure ogni volta che da insegnante progettavo un percorso sul testo espositivo, le pagine dei libri di testo in adozione sembravano respingermi. In tutte le antologie o nei volumi sui testi delle grammatiche vengono messe in risalto sempre le solite caratteristiche: l’impersonalità, il linguaggio scientifico e rigoroso, l’assoluta imparzialità del punto di vista.

Non essendo interessata a far scrivere ai miei alunni una pagina di enciclopedia, ho sempre lasciato perdere. Con rammarico, perché il ricordo dei libri sugli animali, le stelle o i popoli che leggevo da piccola ancora mi scaldava il cuore.

E poi un giorno, durante i miei studi sul Writing and Reading Workshop, mi sono imbattuta in un librettino, tanto piccolo quanto prezioso, di una delle mie autrici preferite: Finding the heart of non fiction di Georgia Heard.

Secondo la poetessa americana, un buon testo espositivo si riconosce dalla passione che l’autore mette nel raccontare e dall’entusiasmo e dal calore che trasmette con il suo testo. Per la Heard, un testo espositivo davvero coinvolgente deve riuscire non solo a interagire con il lettore sul piano efferente (ovvero offrendo informazioni) ma anche in modo estetico1. Deve cioè soddisfare chi legge anche sul piano del gusto: deve affascinare con un linguaggio ricco e – perché no – anche figurato, deve incuriosire con aneddoti e inserti narrativi, può lasciar trasparire le preferenze dello scrittore per rendere la narrazione più vivida e vera.

Questa introduzione cambiava tutto, per me-insegnante in primo luogo. Una prospettiva diversa sul testo era riuscita a restituirmi l’entusiasmo con cui da piccola leggevo per ore la storia del cricket.

Ma il manualetto della poetessa americana va molto oltre l’inquadramento teorico offrendo spunti pratici immediatamente spendibili in classe; nella parte centrale, infatti, delinea un intero percorso diviso in sette tappe che portano alla scrittura di un testo espositivo rigoroso ma caldo ed entusiasmante.

1. Trovare il focus del testo.
Secondo la Heard, ogni testo espositivo deve avere un focus, ovvero un cuore molto ben definito. Il lettore dovrà essere in grado di individuarlo e riassumerlo in poche parole. Lo definisce “il filo che unisce le perle”. Per trovare un focus per il proprio testo, la Heard suggerisce numerose strategie: tra queste la più efficace, a mio parere, è la scrittura di una poesia sull’argomento che si intende trattare.

2. Trasformare i fatti in scene.

Anche nei testi non fiction è necessario mostrare le informazioni e i dati: il lettore deve essere in grado di visualizzare la scena nella sua testa. Ovviamente non tutti i dati possono essere raccontati, ma è importante prevedere dei momenti in cui le informazioni vengono supportate da scene.

In questa sezione la poetessa americana suggerisce di far allenare i ragazzi a trasformare le voci delle enciclopedie in testi in cui emergano immagini e voce dell’autore. Qui l’annotazione di un mio alunno che trasforma alcune informazioni tratte dalla Wikipedia in una scena:

 Da Wikipedia:

La torre Eiffel si trova nella parte occidentale VII arrondissement, nel pieno centro di Parigi, all’estremità nord-occidentale dello Champ de Mars.

La struttura è eretta su un piano a 33,50 metri sul livello del mare, non lontano dalle rive della Senna, dove sono dislocati pontili destinati all’ormeggio di imbarcazioni da diporto.

Tutt’intorno alla torre si ergono edifici di grande interesse storico e architettonico, come l’École Militaire, il Pont d’Iéna, il Palais de Chaillot e la sede dell’UNESCO.

La Torre si trova in uno dei punti nevralgici della viabilità parigina, essendo a poca distanza da strade rotabili di primaria importanza come avenue Gustave Eiffel, avenue de la Bourdonnais, avenue de Suffren e infine la trafficata Quai Brandly (che sfocia nel Pont d’Iéna, sulla Senna). Queste quattro direttrici, intersecandosi, descrivono un rettangolo all’interno del quale si inseriscono la Torre, circondata da un fitto boschetto e da alcuni laghetti: le strade di questo parco sono completamente chiuse al traffico motorizzato e sono aperte al solo transito pedonale.

La zona è servita da numerose stazioni della metropolitana di Parigi, prime tra tutte Bir-Hakeim (sulla linea 6), Trocadéro (linee 6, 9) ed École Militaire (linea 8). Nella zona, inoltre, corre la linea ferroviaria suburbana RER C, la quale presta servizio alla stazione di Champ de Mars, ubicata a poca distanza dalla struttura. Oltre ai vari mezzi su rotaia, la torre Eiffel è servita anche da numerosissime linee di autobus.

https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_Eiffel 

 

Tendo la mano e non mi preoccupa il fatto che stia sospesa a 33,50 metri da terra.

Guardo in basso e mi vengono le vertigini. Le forti ventate mi scompigliano i capelli; mi diverto a coprire le persone con un dito.

Da quassù il brontolio incessante del traffico parigino sembra un’eco sbiadita.

Vedo solo le gambe della torre: gambe metalliche a travi. Non ho tempo per sorridere: sporgo prima un piede nel vuoto, poi l’altro.

Non avrei mai pensato che la mia vita sarebbe finita nello Champ de Mars, il giardino sovrastato da questo gigante di ferro.

 

 

Tecniche applicate:

  • Trasforma i fatti in scene

  • Linguaggio figurato (metafore)

  • Linguaggio sensoriale (tatto, vista, udito)

3. Scrivere una introduzione forte ed efficace.

L’introduzione è la porta d’ingresso del testo: invita alla lettura, stabilisce il tono, crea un setting e connette con la voce dello scrittore. In queste pagine l’autrice propone alcune tipologie di introduzione particolarmente valide.

4. Stabilire il punto di vista e il tono del testo.

Ogni scrittore, anche nella non fiction, offre a chi legge una lente attraverso la quale interpretare i fatti. È pertanto fondamentale che i nostri alunni imparino a scegliere punto di vista e tono prima di iniziare a scrivere il loro testo.

5. Utilizzare un linguaggio preciso.

Il linguaggio preciso è il cuore della non fiction. I dettagli sono essenziali, ma è necessario selezionarli in modo accurato per non appesantire troppo il testo. Per catturare il lettore è molto importante anche sollecitare i cinque sensi tramite verbi sensoriali e linguaggio figurato.

6. Organizzare il testo.

La chiarezza di un testo molto spesso dipende dalla sua organizzazione: la Heard suggerisce alcune strutture che possono aiutare i ragazzi a esporre con ordine le loro idee.

7. Concludere in modo soddisfacente.

La conclusione è uno dei momenti più importanti del testo: deve soddisfare il lettore, risolvendo la questione oppure facendolo riflettere.

Queste sette tappe sono stati momenti importanti per tutte le mie classi degli ultimi tre anni. Ci siamo immersi insieme in mentor text che rispettassero queste caratteristiche: li abbiamo letti con piacere e divertimento e poi abbiamo cercato di riprodurne stile, struttura e linguaggio.

Abbiamo insomma scoperto (o ri-scoperto) che un bravo scrittore non può limitarsi ad informare in modo distaccato e impersonale: anche in un testo espositivo si può far emergere la nostra voce e appassionare i lettori mostrando la forza del nostro entusiasmo.

 

Note

1] La Heard fa riferimento alla teoria transazionale di Louise Rosenblatt. Qui un articolo in italiano: https://www.itals.it/sites/default/files/pdf-bollettino/Caria_paola_parte1.pdf

 

Condividi


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *