Progetti di scrittura indipendenti – Serravallo’s Summer Writing Camp ed. 2018

Progetti di scrittura indipendenti – Serravallo’s Summer Writing Camp ed. 2018

Ultimo appuntamento con il riepilogo del Summer Writing Camp 2018 di Jennifer Serravallo.

Come sempre, ecco un paio di link utili:

Al termine dell’articolo trovate il link per scaricare le traduzioni in PDF.

PROGETTI INDIPENDENTI DI SCRITTURA & LEGGERE DA SCRITTORE

Giorno 1 Settimana 5 – Strategia 6.42

La regola del tre  di The Writing Strategies Book

https://www.facebook.com/jennifer.serravallo/videos/10156499337583917/

Questa settimana lavoreremo con Jennifer a progetti di scrittura indipendente. Avremo la possibilità di scegliere un genere tra quelli svolti, o potremo scegliere il genere che vorremmo affrontare in classe sperimentando le strategie relative. Jennifer ci aiuterà a trovare l’ispirazione, ad applicare alcune strategie trasversali e a leggere da scrittori, un passaggio importante da affrontare per essere efficaci nella scrittura indipendente. 

Inizialmente J. illustra il piano per la settimana e gli ospiti che ci terranno compagnia:

. Lunedì – Jennifer;

. Martedì – Katie Wood Ray, autrice di tanti libri sulla scrittura. Parleremo di mentor texts del leggere da scrittore;

.Mercoledì – Zoe Ryder White che è sua editor e anche poetessa;

. Giovedì – Jennifer;

. Lunedì successivo – Ralph Fletcher, che non era disponibile venerdì e che ci parlerà della sua ultima antologia di memoirs;

A questo punto J. indica i PASSI da percorrere PER arrivare a LEGGERE DA SCRITTORI, cipè per notare e identificare le tecniche (questi i passaggi che J. propone in classe e in formazione)

1. LEGGI DA LETTORE goditi la lingua, la storie, le informazioni… In classe se si segue tutti lo stesso libro si legge, si discute, si apprezza da lettori;

2. RILEGGI, sottolinea, evidenzia gli aspetti che si impongono all’attenzione, che sono particolarmente degni di nota, che ti fanno pensare un po’ di più. In classe chiedo di rileggere da soli e sottolineare;

3. DAI UN NOME, IDENTIFICA Ciò che l’autore sta facendo e prova a ipotizzare perché lo sta facendo (in gruppo);

4. CONSIDERA LO SCOPO

Per prima cosa Jennifer ci mostra una poesia di Zoe Ryder White

Dopo la lettura ci chiede di riflettere su cosa possa significare, su che tipo di energia sviluppi, a cosa ci fa pensare, a quali connessioni con la nostra vita potremmo istituire.

Sottolinea tre parole dei primi versi, che considera molto potenti: slapped – smack – shot

Indica poi come il linguaggio la sorprende (cita l’espressione paper’s nap), sottolinea come l’autroce parli di sé in un certo punto della sua infanzia, frekling, si sofferma sui verbi cracked e shucked e rileva molta attenzione ai suoni.

Poi cerca un nome per ciò che ha osservato utilizzando questa tabella

esempionomescopo
SlappedSmackShotPotere del treEnfatizzare un passaggio


Il video termina con dei compiti per noi:

. Scegliere un testo del genere su cui si vuole lavorare

. Leggere, rileggere, seguire i passaggi indicati e compilare una tabella delle tecniche

Scegliere 5 strategie dal libro Writing Strategies Book che si adattano al genere scelto e che potrebbero aiutare a fare ciò che abbiamo notato nel mentor text, poi provarle..

Giorno 2

Jennifer Serravallo e Katie Wood Ray

https://www.facebook.com/jennifer.serravallo/videos/10156501817608917/

Il video è molto più lungo del solito (quasi 25 minuti) quindi, come ha fatto J., vi indicizziamo gli argomenti che saranno trattati nel corso dell’intervista:

– studio degli albi illustrati

– aiutare i bambini più piccoli a riconoscere e nominare le tecniche/strategie

– progettare un’unità di apprendimento (incluse riflessioni su fase di immersione, mentor text e ritmo di lavoro)

– dove e come scovare mentor textpresentazione di una nuova serie “Classroom Essentials series” e discussione su come i primi tre autori (Katie W.R, Carl Anderson e J.) hanno utilizzato mentor “inaspettati” per creare il concept della stessa.

presentazione di una nuova serie “Classroom Essentials series” e discussione su come i primi tre autori (Katie W.R, Carl Anderson e J.) hanno utilizzato mentor “inaspettati” per creare il concept della stessa.

PRESENTAZIONE DELL’OSPITE: KATIE WOOD RAY

Jennifer è collegata con Katie Wood Ray, autrice di molti libri sull’insegnamento della scrittura nonché uno dei suoi editor.
Jennifer si dichiara molto fortunata di aver potuto lavorare con lei per il libro delle strategie ed anche di collaborare a una nuova serie di volumi di prossima pubblicazione: “The new Classroom Essentials series”.

Aggiunge che il libro “Wondrous Words” di K.W. Ray è stato quello che per primo ha fatto fermare J. a riflettere sul “leggere da scrittori”, proprio ciò su cui lavoriamo autonomamente questa settimana (nello specifico: come leggere da scrittori, come imparare dai testi modello, come programmare e percorrere il nostro viaggio all’interno di un’unità).

[qui potete scaricare un capitolo di Wondrous Words in anteprima: http://www.readwritethink.org/…/wondrous-words-writers-writ… ]

Katie, ci fa presente Jennifer, ha scritto anche molti altri libri:

Alcuni focalizzati su bambini più piccoli;

Libri per insegnanti dell’infanzia e dell’inizio della primaria: Already Ready e In Picture and in Words sui cui J. si soffermerà nel corso dell’intervista, ma anche Study Driven: A Framework for Planning Units of Study in the Writing Workshop – una guida consigliata caldamente da J. agli insegnanti che vogliono lavorare sulla programmazione delle unità di studio;

What You Know by Heart – come sviluppare il curriculum per il vostro WW. Questo testo è, secondo J., molto importante. Ci guida a fare ciò che abbiamo messo in pratica durante il suo campus: lavorare come scrittori, riflettere sul nostro modo di scrivere per insegnare la scrittura ai nostri studenti e supportarli nel loro percorso.

Tanti altri libri che J. è sicura di avere scordato di citare.

LO STUDIO DEGLI ALBI ILLUSTRATI

L’intervista inizia citando il libro “In picture and in words”. (Anche nel gruppo FB The Reading and Writing Strategies Community è stata discussa e condivisa l’importanza di studiare in classe gli albi illustrati)

J. chiede alla sua ospite come mai è così importante, per i giovani scrittori, lo studio degli illustrati.

Risposta: È proprio per i giovani scrittori che è particolarmente importante lo studio degli illustrati. I bambini riescono a comporre molto attraverso le illustrazioni. Allo stesso modo in cui i bambini sviluppano il ritmo e il linguaggio, possono sviluppare il linguaggio delle illustrazioni, del segno grafico. Inoltre, tutto quello che noi dobbiamo fare come scrittori (pianificare – redigere le bozze – revisionare – compiere l’editing) lo facciamo anche quando lavoriamo su delle illustrazioni. Mentre si compone, sia in scrittura sia disegnando, ci poniamo le stesse domande iniziando da “Cosa voglio dire? cosa voglio trasmettere?”. Illustrare e scrivere sono due processi paralleli ed è interessante constatare come gli adulti tendano ad accogliere più facilmente l’approssimazione dei bambini nel disegno che nelle parole. Non dovremmo farlo, ma lo facciamo.

Anche i bambini – sottolinea Jennifer – dovrebbero poter sentire il potere del pensare ad un’idea e tradurla in una storia su una pagina.

SOSTENERE I BAMBINI PIÚ PICCOLI A “LEGGERE DA SCRITTORI”

Parlando di bambini, J. ha visto Katie in un video mentre lavora all’infanzia nella classe di Lisa Cleaveland (anche lei autrice Heinemann) e con i bambini legge da scrittori, studia testi modello, ragiona sulle tecniche e le identifica… ed è rimasta meravigliata da come bambini così piccoli siano in grado di parlare di tecniche di scrittura.

J. chiede a Katie di darci qualche dritta per aiutarci a supportare questi bambini, o ragazzi con bisogni speciali di cui spesso si pensa non siano in grado di portare avanti ragionamenti e processi tanto complessi, che non siano in grado di astrarre e portare ad un livello generale quanto appreso nello studio di un albo.

(Nel frattempo ridono perchè fuori della casa di Katie c’è un cane che fa confusione e J. ci svela un altro retroscena – ha adottato il suo cane da Katie)

Insomma: come sostenere i bambini/ragazzi di cui si potrebbe pensare che “no, non sono in grado di arrivare a cose così complesse” (leggere da scrittori – riconoscere tecniche e strategie di scrittura) ma che invece possono essere in grado di affrontarle?

Risposta: Una cosa che caratterizza i bambini piccoli è che loro notano tutto, anche i dettagli più insignificanti, e sono delle spugne. Katie ha un pollice un po’ più corto dell’altro e nessun adulto glielo ha mai fatto notare; ha messo piede in una scuola dell’infanzia, ci è stata 5 minuti e BAM! I bambini addosso a chiederle cosa fosse accaduto al suo dito. Loro notano tutto e noi dobbiamo fare tesoro di questo mentre insegniamo. In modo particolare quando insegniamo tecniche partendo da un albo illustrato è fondamentale tornare indietro a leggere le illustrazioni, a soffermarsi su di esse, a parlare dell’illustratore. Ed attenzione! I bambini sono davvero in grado di notare tutto, anche cose che molto probabilmente noi adulti non abbiamo notato. Katie si ritiene esperta nell’uso degli illustrati proprio perché ha svolto tanta parte di questo lavoro accanto ai bambini. Anche con le parole, anche prima che i bimbi siano in grado di leggere indipendentemente, possiamo lavorare sul “notare cosa c’è nel testo” durante la lettura ad alta voce. Dobbiamo far leva sulla loro capacità di ascoltare. Se un libro, ad esempio, ha una frase che si ripete, la nostra voce può sottolinearlo e i bambini se ne renderanno subito conto. I bambini sono “osservatori attenti” in modo naturale e tutto quello che dobbiamo fare è insegnare a osservare ciò che ha fatto un autore o un illustratore ed è parimenti importante parlare loro delle persone che ci sono dietro a quelle parole o a quelle immagini. Con bambini molto piccoli è bene iniziare questo studio lavorando su testi in cui autore e illustratore coincidono perché possono abbinare meglio parole e immagini, possono capire meglio le intenzioni dell’autore e perché possono identificare meglio un loro mentore.

Domanda:
Cosa dire del linguaggio che Katie cerca di allenare nei bambini per descrivere la scrittura? Trovi che i bambini piccoli tendano a focalizzarsi sul più contenuto del libro o sul contenuto dell’immagine che sul linguaggio/sulle tecniche? Esempio: se vedono una casa nel libro tendono a dire: “oh! Guarda! Ha disegnato una casa! Anche io ho una casa nel mio disegno” invece che rendere più generale ciò che hanno notato rendendosi conto che “è importante includere l’ambientazione in una storia”

Risposta. Modellare è fondamentale, è necessario far diventare il modeling una parte naturale della lettura ad alta voce o del riflettere ad alta voce. K. porta l’esempio di un’insegnante che lavora nella scuola in cui è in servizio Lisa Cleaveland (coautrice di Katie) e che ha condotto nei primi giorni di scuola all’asilo una lettura ad alta voce. Quest’insegnante ha indicato con il dito alcune cose nell’illustrazione commentando che l’azione stava scorrendo velocemente e lo si notava anche nelle frasi che stava leggendo. La conseguenza di quella riflessione ad alta voce è stata duplice: Tre pagine dopo si è riproposta la stessa situazione e l’insegnante ha voluto che i bambini notassero quell’aspetto. Tre bambini, nel loro “book study” hanno effettuato dei collegamenti con quello che aveva letto/fatto notare l’insegnante durante la lettura ad alta voce.

Quindi dobbiamo fare molto modeling sul notare aspetti delle illustrazioni e delle parole (dire cose come: “Oh, adoro il verbo che ha usato questo autore! – oppure “Oh! È bellissimo come l’illustratore abbia disegnato esattamente il modo in cui lei cammina!” ) altrimenti i bambini rischiano di imparare che parlare di un libro vuol dire soltanto riferirne il contenuto.

Deve essere un processo naturale all’interno del flusso di lettura. Non è il caso di fare lezioni apposite in quel momento: dobbiamo modellare la costruzione di una mente che “legge da scrittore”.

Jennifer dice che comunque è bene fare esercizio del “pensare/notare ad alta voce” per poter essere efficaci con i propri studenti.

Katie dice poi a J. che Lisa le ha fatto notare come molto spesso i genitori dei bambini, dopo alcune settimane di scuola, si rendono conto che quando leggono i libri ai loro piccoli si trovano a vivere esperienze molto diverse da quelle che avevano prima che i bimbi iniziassero a frequentare la scuola perché i bimbi iniziano a comportarsi “naturalmente” come durante le ore di lettura: notando particolari e nominando tecniche.

COSTRUIRE LE UNITÁ DI STUDIO

Arriva poi una domanda sulla programmazione. In “Study driven” Katie parla di come costruire delle Units of study, di come concepirle, progettarle… J. chiede a Katie un aiuto/suggerimento relativamente alla gestione del tempo. Quanto tempo dell’Unità di apprendimento è dedicato all’immersione, quanto spesso torna sui pezzi già visti, quando possiamo permetterci di sorvolare?

Risposta. K. sostiene che se curiamo particolarmente bene l’immersione (almeno 1 settimana) abbiamo già fatto una grossa parte del lavoro importante. Nel resto dell’unità possiamo trarre frutto da quel lavoro perchè durante l’immersione, in effetti, non leggiamo e basta: ragioniamo già sui pezzi, insegniamo delle tecniche, le facciamo notare. I bambini imparano tantissimo nel corso dell’immersione e, quindi, più ci dedichiamo ad essa meglio è. Soprattutto se scegliamo bene i testi per l’immersione, questa attività si carica di energia perché tutti, in quel momento, hanno la possibilità di imparare – e stanno effettivamente imparando – e diventa così stimolante che non vorremmo mai uscire dalla fase di immersione.

Katie comunque suggerisce questa tempistica: 1 settimana di immersione – 1 settimana in bozza (in cui possiamo comunque continuare a tornare indietro ai testi modello soprattutto mentre stiamo facendo le consulenze individuali per rivedere insieme quello che già dovrebbero conoscere i bambini) – 1 settimana di revisione/feedback

Comunque possiamo anche restringere a due settimane: dipende da quanta esperienza hanno i bambini nel lavorare secondo questo metodo. Con bambini che hanno tanta esperienza del lavorare “fianco a fianco del testo” e del “leggere per scrivere” possiamo anche permetterci di velocizzare perchè loro sanno esattamente cosa stiamo facendo e cosa è richiesto loro (stiamo leggendo queste cose perchè poi vi sarà chiesto di scrivere cose di questo genere).

É la stessa cosa che facciamo noi quando dobbiamo scrivere: iniziamo a leggere per trovare ispirazione. (ed è quello che dobbiamo insegnare a fare anche ai nostri alunni).

La preoccupano le unità di apprendimento progettate pensando di non rimanere abbastanza sull’immersione, senza aver provveduto a procurarsi di un buon range di mentor text.

Anche Jennifer nota che, a volte, la preoccupazione di molti insegnanti è il ritmo di produttività dei testi finiti dei propri alunni. Dovrebbero invece – conviene con Katie – rallentare soffermandosi nell’immersione. Quando i bambini scrivono tanti tanti pezzi è perchè è l’insegnante che interviene più direttamente sui loro scritti, compensando la carenza di modelli che una buona fase di immersione avrebbe invece garantito.

Si inserisce Katie che nota come specialmente quando i bambini diventano più grandi e si spostano come lettori dagli albi ai “Chapter books” (romanzi con capitoli molto brevi) hanno quindi bisogno di un lavoro differente all’interno del WW. Non possiamo usare come testi modello romanzi con capitoli brevi, i ragazzi hanno bisogno di un’altro tipo di “dieta” perché ciò che leggono non combacia più con ciò che scrivono. Inizialmente con i bambini leggiamo tanti albi per poi far scrivere loro delle storie illustrate. Quando ci si sposta con il RW ai romanzi brevi, non chiediamo certamente ai ragazzi di scrivere un romanzo breve. Anche se stanno scrivendo fiction dobbiamo leggere loro esempi di racconti (short story) – e leggerne tanti, per far capire ai ragazzi come funziona la fiction anche in testi più corti; perché se ci aspettiamo che i ragazzi imparino a lavorare sulla revisione per migliorare i loro pezzi, dobbiamo dare loro una visione da cui cominciare. Non dobbiamo aspettarci che i loro racconti, che noi troviamo spesso brutti, sboccino o migliorino, se non offriamo loro adeguati testi modello.
La revisione si basa su una forte visione (conoscenza)- Una frase da stampare a caratteri cubitali, secondo Jennifer.

LA RICERCA DEI MENTOR TEXTS

Altra domanda: una delle cose che J. ha amato di Wondrous Words è che è molto pratico perchè ci sono tanti testi esemplificativi dei quali, inoltre, viene spiegato il possibile utilizzo in classe.

J. chiede a Katie dove lei cerca i suoi possibili mentor texts, quali sono le sue fonti (molte docenti americane hanno appunto avanzato richieste di liste o spunti per mentor text).

Riposta. Katie ha l’attitudine mentale di notare categorie in ogni cosa – ed è una cosa che possiamo imparare da Wondrous Words. Questo libro ha circa 20 anni. Da quando il libro è stato pubblicato ci sono delle cose (“struttura del testo”, uso del lessico ed anche in altri aspetti dei testi) che non sono cambiate nel tempo. Quindi uno dei modi per trovare mentor è “seguire la tradizione”: è sufficiente per lei entrare in qualsiasi libreria per ragazzi, prendere in mano una nuova uscita o un libro che ancora non conosce e sfogliarlo per rendersi conto del potenziale di quel volume in classe. Quindi un buon modo per scovare mentor tex è “semplicemente” leggere, tenersi informati sulle novità editoriali, visitare i siti dedicati alla letteratura per ragazzi, leggere recensioni. Una volta che noi abbiamo chiarito a noi stessi cosa stiamo cercando, ecco che non dovremmo avere più bisogno delle liste di altre persone, perché dovremmo “attivare la nostra lente” di insegnanti lettori ogni volta che leggiamo ed ogni volta che leggiamo prendere l’abitudine di “catalogare” i possibili testi modello. Da quando ha scritto Wondrous Words, invece, qualcosa è cambiato drasticamente: la rete è cresciuta in modo smisurato ed on line sono rintracciabili tantissimi mentor, soprattutto di non fiction. I siti pensati per ragazzi servono a trarre importanti informazioni, internet pullula di testi argomentativi. Un sito che Katie visita molto è https://rangerrick.org/ (simile al nostro Focus jr) ma dice di far attenzione perchè è un sito pieno zeppo di articoli sugli animali e, fornendo troppi mentor dello stesso argomento (gli animali) si corre il rischio che i bambini pensino che non fiction significhi scrivere sugli animali.

THE NEW CLASSROOM ESSENTIAL SERIES

L’ultimo argomento di cui J chiede a Katie di parlare è una serie che sta per essere pubblicata: “the new Classroom Essentials series”. Una grandissima novità per Katie.

L’idea di fondo è quella di pubblicare una serie di volumi incentrati intorno a tipologie fondamentali (temi – idee – pratiche ..) Sono argomenti che sono stati a lungo discussi nella sua carriera da Katie ma l’idea è stata quella di proporre testi più brevi (un centinaio di pagine) per una nuova generazione di lettori – con un design molto più visivo rispetto ai tradizionali libri professionali. Ci introducono in diversi modi ai fondamenti della disciplina e sono porte d’ingresso all’interno della tradizione (del modo “tradizionale” – nel WRW – di lavorare in classe) ma possono essere letti velocemente e rendono possibile l’iniziare rapidamente a mettere in pratica quanto appreso. Se già stiamo insegnando possono aiutarci ad incrementare la nostra didattica. I primi tre libri della serie sono di

Jennifer – sulle consulenze di lettura A Teacher’s Guide to Reading Conferences

Carl Anderson – consulenze di scrittura  A Teacher’s Guide to Writing Conferences

Katie Wood Ray e Lisa Cleaveland – l’inizio dell’anno scolastico con i bimbi dell’infanzia per far capire come lavorare con il WRW con bambini che ancora non scrivono,  A Teacher’s Guide to Getting Started With Beginning Writers: Grades K-2

USARE I MENTOR IN MODO INUSUALE/INASPETTATO

Jennifer invece ci dice che per addentrarsi in questo nuovo territorio al momento lei sta usando, come mentor per se stessa, libri di cucina. La stanno aiutando a concettualizzare l’idea del suo testo sulle consulenze di lettura. Chiede a Katie se lei o Carl hanno svolto un lavoro del genere (consultato testi di diverso tipo/argomento) per concepire meglio i loro volumi.

Katie dice che una cosa che lei ha dovuto fare, visto che non avevano libri professionali basati su quel concept come esempio, è stato di cercare altrove esempi. Lei e Lisa hanno raccolto moltissime pagine su cui poi si sono trovate a riflettere.

Per scrivere i volumi della serie loro non hanno potuto far riferimento ad esempi o a precedenti di libri professionali concepiti in questo modo: è stata una sfida che K. è contenta di aver affrontato anche insieme a J. (come editor) perchè le ha dato modo di imparare moltissimo.

Jennifer da K. ha imparato molto sullo scrivere in spazi ridotti, sull’economia del linguaggio,

Eccoci a all’ultimo punto da trattare prima di salutare K: J., collegandosi al writing camp che si conclude in settimana torna a ribadire un concetto già visto: Un mentor text di un particolare genere può essere utilizzato a prescindere dallo star trattando quel genere in classe. (J. non sta scrivendo un libro di cucina eppure sta utilizzando libri su quell’argomento come mentor per l’organizzazione del testo e della pagina).

Usare un mentor non vuol dire prendere spunto per fare un lavoro “fotocopia”. I mentor devono essere dei testi da cui trarre ispirazione e a partire dai quali possiamo anche inventare qualcosa di nuovo.

K. aggiunge di ricordarci sempre che le strategie e le tecniche sono trasversali ai generi. Gli scrittori si fermano sulla potenza delle parole, sulla punteggiatura … in situazioni diversissime. Quello che impariamo studiando un genere dobbiamo sempre portarlo con noi lavorando sul genere successivo.

Siamo arrivati alla fine di questa cavalcata! com’è andata? Io son piena di appunti e di idee da riordinare. Per me è stato un video ispirante, ricco oltre misura. Per voi?

https://www.heinemann.com/products/e02855.aspx qui potete scaricare un estratto da “In pictures and in words”

https://www.heinemann.com/products/e09914.aspx Il volume del Classroom Essential di Katie e Lisa per iniziare il WW con i piccolissimi. Anche qui è scaricabile un estratto

https://www.heinemann.com/products/e09918.aspx Il volume del Classroom Essential sulle consulenze di scrittura. Anche qui è scaricabile un estratto

 Giorno 3

https://www.facebook.com/jennifer.serravallo/videos/10156503781238917/

Jennifer ci presenta Zoe Ryder White, l’ospite di oggi. È una poetessa e abbiamo letto una sua poesia proprio nel primo giorno di questa settimana. Ci parlerà del suo essere una poetessa e del trovare tempo per scrivere e trovare le idee, tutti argomenti che serviranno anche a noi.

La prima domanda riguarda la ricerca di idee, Jennifer chiede a Zoe come faccia a trovare buone idee per i suoi testi, quali fonti e strumenti utilizzi, in particolare per un testo, Analog.

Risposta: Questo testo ha un’origine particolare, è quasi un viaggio poetico, hanno scritto insieme, ognuno doveva mandare un testo entro una certa data. L’unica indicazione era di utilizzare un font che solitamente non si utilizza. Lei ha scelto il currier, che ha uno stile un po’ antico, tipografico, ed è stato proprio l’aspetto grafico della scrittura a suscitare la sensazione della tipografia e poi l’idea. In generale, lei cerca di dire qualcosa in modo veramente genuino, senza farsi spaventare dall’editor interno che è in lei. A volte scopre ciò che voleva dire solo scrivendolo. La poesia è un processo dell’inconscio, bisogna seguire l’impulso della scrittura ed essere presenti nel momento.

Jennifer dice che il suo approccio alla scrittura è diametralmente opposto: ha bisogno di pianificare nei minimi dettagli ciò che scriverà, perciò sottolinea l’importanza di conoscere diversi approcci alla scrittura, come quello di Zoe, lo scoprire mano a mano che si scrive ciò che si vuole dire.

Zoe nota che lei ha un approccio simile a quello di Jennifer quando deve scrivere in prosa, perché il suo cervello non è abituato a lavorare in prosa e ha bisogno di una guida, quindi c’è una variabilità in base al genere.

Jennifer si ricollega a quanto detto poco prima dall’ospite, rispetto alla collaborazione con altri scrittori, come questi siano d’aiuto alla scrittura.

Risposta: La sua vita da scrittrice dipende da altri scrittori. Qualche anno fa faceva parte di un poetry group, non con lo scopo di darci dei feedback, ma per trovare spazio e tempo per la scrittura: ogni settimana ogni membro inviava uno stimolo, uno spunto di scrittura, una poesia, un paragrafo per spingerci a scrivere, un modo per farci scrivere. Bisognava poi condividere entro la mezzanotte del lunedì, i partecipanti poi potevano commentare su ciò che li aveva colpiti. Una collega ha scritto un saggio, lei per scherzare ha cercato di risponderle con una poesia ed è nato uno scambio fatto di rimandi, di risposte.

Jennifer nota come Zoe ripeta spesso “L’ho provato per divertimento”, “Ci ho provato senza troppe pretese”, questo è un messaggio importante da portare in classe ai ragazzi: provare senza paura e non c’è nessun problema se quello che è stato scritto alla fine non sembra di buona qualità, l’importante è mettersi in gioco e riprovarci.  Qualche collega durante la diretta video scrive a Jennifer affermando che il nome di Zoe non gli è nuovo: Jennifer risponde che è la sua editor e che inoltre una quindicina di anni fa ha scritto delle poesie per la Poetry Units of Study di Lucy Calkins.

Jennifer chiede come il pubblico influenzi il processo di scrittura, in particolare fa riferimento al fatto che Zoe ha scritto poesie sia per ragazzi che per adulti. Il processo è stato diverso?

Risposta: Il processo è stato molto diverso: quando scriveva per i bambini, era un’insegnante e perciò scriveva inserendo elementi che voleva venissero notati dai bambini, strategie da individuare e magari riprodurre. Voleva che ci fossero molte immagini e che il linguaggio fosse accessibile. 

Ultima domanda posta da Jennifer: molti si chiederanno come poter trovare tempo per la scrittura. Zoe è un’insegnante, editor e lavora full time, quale routine adotta? Ha già accennato ad un modo: avere un gruppo cui render conto e delle scadenze. C’è altro?

Risposta: Zoe pensa sia fondamentale partire lentamente, procedere per gradi, costruirsi l’abitudine alla scrittura. Ora riesce a scrivere tutti i giorni, ritagliandosi del tempo quando tutti i figli sono a casa (ne ha tre), scrivendo direttamente sul cellulare, su un foglio google. Ha notato che questo ha influenzato il suo stile: scrivere su uno schermo piccolo ha accorciato i suoi versi (altrimenti avrebbe dovuto scorrere la pagina per vedere l’intero testo).
Inoltre, durante l’anno fa un “poem a day” con i colleghi: creano un google doc condiviso e ogni giorno per una settimana trascrivono una poesia al giorno e si scambiano email con riflessioni. 

Jennifer ringrazia l’ospite per i numerosi spunti. 

Giorno 4

Strategia 7. 30 “Specifico, definito, concreto: permetti alle tue parole di richiamare le immagini” 

di The Writing Strategies Book

https://www.facebook.com/jennifer.serravallo/videos/10156453042073917/

Giovedì. Il quarto giorno della nostra ultima settimana di scrittura, quella dedicata al progetto di scrittura individuale che parte dal leggere da scrittori. Se ricordate, lunedì Jennifer ci ha chiesto di individuare un mentor da provare a leggere da scrittori, che ci potesse aiutare a esercitarci a rintracciarne le tecniche con cui è costruito. Ci ha inoltre invitati a scegliere, all’interno del suo volume, cinque strategie da rintracciare (possibilmente) nel testo o sulle quali lavorare in settimana.

Jennifer si immagina che ciascuno di noi abbia scelto generi differenti: narrativa personale, testi argomentativi, testi espositivi… o anche generi non trattati nel suo campus. Quando decidiamo di condurre un progetto di lettura-scrittura personale in classe possiamo (dobbiamo) ipotizzare che i nostri alunni scelgano tutti generi differenti, dobbiamo individuare delle strategie per lanciare il lavoro che vadano bene per tutti. Jennifer, ad esempio, lunedì ci ha consigliato di iniziare a leggere un mentor dello stesso genere di quello che vorremmo scrivere in settimana.

Martedì e mercoledì, invece, ci ha dato degli spunti attraverso le sue ospiti: attivare la riflessione su abitudini personali di scrittura; portare gli scrittori in classe anche tramite collegamenti Skype o leggendo i blog in cui raccontano il loro lavoro;

Oggi invece vuole ricordarci la necessità di proporre strategie trasversali ai vari generi.

Nel suo libro abbiamo alcune indicazioni che ci aiutano scegliere le strategie.

All’esterno delle pagine, in colonna, sono segnati, per ogni strategia:

⁃ ordine di scuola/classe consigliata;

⁃ tipologia testuale;

⁃ fase del processo di scrittura a cui la strategia si addice meglio.

Quella che scelto oggi è la 7. 30 “Specifico, definito, concreto: permetti alle tue parole di richiamare le immagini” che è indicata come adatta a ogni genere.

Tra i files che J. ha caricato sulla pagina del gruppo c’è un estratto di “Daydreamer” di R. Fletcher (con cui Jennifer si collegherà lunedì). Una cosa che è subito saltata all’occhio di Jennifer, leggendo “Daydreamer”, è quanto l’autore sia specifico nell’utilizzo del lessico. Ha scelto di essere molto specifico, in particolare con i nomi e questa è una tecnica molto utile per un lettore perché gli rende facile immaginarsi quello che l’autore descrive, lo aiuta a catapultarsi lì, in quel momento in/di cui l’autore sta scrivendo.

J. ci leggerà il primo paragrafo di questo testo e ci chiede di notare quanto i nomi siano specifici – una specificità che l’ha aiutata, ripete, a crearsi immagini mentali di ciò che sta leggendo.

“Quando ero al quinto anno, un oceanografo visitò la nostra classe. Ci ha portato del vero “whale’s baleen” (il materiale che pende dalla mascella di una balena, ed è usato per filtrare piccoli gamberi e plancton dall’acqua di mare). Lo ha passato in giro in modo che potessimo tenerlo a turno in mano. Quest’uomo ha parlato senza sosta di squali, plancton, molluschi e calamari. Ha anche spiegato come un’ostrica crea una perla, cosa che ho trovato affascinante. Tutto inizia quando un piccolo pezzo di graniglia entra nel suo guscio. Per proteggersi, l’ostrica ricopre la grana o madreperla, una sostanza che è brillante e bellissima. L’ostrica copre la grana con strato su strato di madreperla, ed infine si crea la perla.”

Jennifer ci fa notare che parole come “gambero, mollusco, perla, grana, madreperla…” usate nel primo paragrafo sono davvero molto specifiche. Lei crede che l’autore abbia deciso di inserirle perché scrive in prima persona. Da bambino era veramente appassionato di quest’argomento, ne era meravigliato e vuole produrre anche in noi lo stesso senso di meraviglia. Un altro motivo per cui l’autore, secondo Jennifer, ha compiuto queste scelte, è perché vuole darci esattamente l’immagine di quello che stava accadendo in quella classe in quel momento mentre l’oceanografo spiegava ai bambini tutte queste cose. Se andassimo avanti nella lettura troveremmo altri nomi specifici, questa volta di persone (Jacques Cousteau, Steve Fishman, Mr. Schnayerson) che aggiungono al pezzo concretezza e specificità.

Concretezza e specificità sono due caratteristiche molto importanti anche per la non fiction. Se andiamo a dare un’occhiata a p. 292 del volume di strategie di scrittura possiamo trovare un esempio di questo e di come questo particolare scrittore abbia lavorato in revisione per rendere il lessico più specifico.

Testo pre revisione:

“Dopo la guerra dei Sette anni, la Gran Bretagna inviò dei soldati per proteggerli. L’Inghilterra affermò che era necessario che i coloni li ripagassero. Loro iniziarono ad imporre tasse. I coloni si arrabbiarono per le tasse e decisero di smettere di comprare le merci inglesi.”

Testo revisionato

“Dopo la guerra dei Sette anni, la Gran Bretagna inviò dei soldati per proteggere I COLONI. L’Inghilterra affermò che era necessario che i coloni PAGASSERO IL LORO DEBITO. IL PARLAMENTO iniziarono ad imporre tasse. I coloni si arrabbiarono per le tasse e decisero di BOICOTTARE le merci inglesi.”

La strategia 7.30 consiste in questo:

Rileggere le bozze alla ricerca di termini troppo vaghi, generici o astratti. Chiedersi: “cosa sto cercando di dire/rappresentare? Riscrivere la frase con un linguaggio più concreto e specifico.

Anche nella poesia “Analog” di Zoe sono presenti parole molto molto specifiche Possiamo insegnare ai ragazzi che quando leggono Termini così specifici è molto probabile che sia perché lo scrittore vuole che loro si creino immagini mentali. Nel nostro progetto di scrittura settimanale, che ha preso il via con lo studio di testi modello (li abbiamo letti da scrittori) oggi Jennifer ci chiede di scrivere in bozza cercando di porre particolare attenzione alla scelta del lessico. Siamo alla fine del collegamento. Jennifer ci augura un buon w.e. e ci dà appuntamento a lunedì con R. Fletcher.

Giorno 5

https://www.facebook.com/jennifer.serravallo/videos/10156515667208917/

Il #serravallowritingcamp ci ha accompagnati per 5 settimane arricchendoci, dandoci spunti per riflettere, elementi pratici su cui ragionare e suggerimenti per il lavoro in classe.

[Quest’ultima traduzione è stata un po’ complicata. Ho cercato di essere il più fedele possibile alle parole di Jennifer Serravallo e di Ralph Fletcher perché i temi e le riflessioni che hanno condiviso sono davvero preziose e cruciali]

Eccoci arrivati all’ultimo appuntamento con il campus di scrittura che ci ha tenuti impegnati per cinque settimane. Oggi Jennifer è in collegamento con ospite super speciale: Ralph Fletcher, autore di molti libri che noi conosciamo ed amiamo. Noi IWT conosciamo i libri professionali di Ralph dedicati alle “Craft Lesson” (Fiction e non fiction) un libro sul taccuino dello scrittore (A writer’s notebook) e “Joy write” di cui oggi parleremo che tratta dell’impatto che la scrittura “gioiosa” può avere nelle nostre classi.

J.. ci mostra ad esempio “Marshfield dreams” – una collezione di “memoirs” usate sia come mentor text sia come testi da leggere ad alta voce in classe – ed un nuovo libro appena pubblicato (proprio della serie di “Marshfield dreams”, More stories) contenente altre storie che hanno come filo conduttore il crescere/diventare grandi e di cui abbiamo letto insieme un estratto nell’ultimo video.

Jennifer riepiloga al suo ospite quello che stiamo facendo relativamente al progetto di scrittura individuale. Afferma che stiamo lavorando anche per capire o come proporre la scrittura libera in classe mentre stiamo studiando un genere o per creare uno spazio, all’interno di un anno scolastico, per permettere ai ragazzi di compiere scelte libere relativamente a un progetto di scrittura.

Ralph affronta questo aspetto del laboratorio proprio in “Joy write” partendo dall’osservazione che molti insegnanti tendono a esercitare troppo controllo in classe sia su ciò che stanno scrivendo i ragazzi ma anche sui generi da proporre. Nel suo libro invece Ralph fornisce molti suggerimenti utili per incorporare nelle nostre lezioni e all’interno del laboratorio più libertà di scelta, più apertura e più gioia.

Ralph:

Lui pensa che bisogna introdurre un flusso regolare in cui trovare equilibrio tra insegnare in modo più direttivo e lasciare liberi i ragazzi di compiere le loro scelte. Nel suo libro, Ralph parla molto del “Greenbelt writing” – una pratica di lavoro abbastanza diffusa negli USA.

[commento di Silvia: nel “Greenbelt writing” i giovani scrittori hanno scelta completa su tutto: genere, partner di scrittura – o nessun partner di scrittura -, argomento, pubblicazione disponibile o meno alla lettura di tutti i compagni ecc.]

Essenzialmente si tratta di offrire agli studenti uno “spazio verde” (così lo definisce Fletcher – credo alluda al concetto di completa libertà) e un tempo adeguato in cui (riprendo sempre l’espressione letterale di Fletcher) osservarli lavorare “selvaggi”/allo stato selvaggio. Lui ritiene necessario introdurre percorsi di questo tipo in classe,  sono importanti sia per gli insegnanti sia per gli studenti perché:

i ragazzi in questo modo possono scoprire chi sono e cosa hanno bisogno da scrittori;

-gli insegnanti possono valutare (nel senso di dar valore) i processi affrontati dai ragazzi ed offrire loro un supporto ancora più individualizzato. 

Ecco, bisogna pensare di trovare il giusto bilanciamento tra “seguire un copione” – essere direttivi e creare degli spazi di scrittura “greenbelt”.

Anche quando scegliamo di lavorare su un genere, o perché sentiamo il bisogno di essere più direttivi, o perchè abbiamo la necessità di coprire un certo numero di generi testuali, possiamo trovare il modo di introdurre aspetti in cui lasciar liberi i ragazzi nella scelta (magari l’argomento da trattare)

Una possibilità opposta è quella di proporre un argomento ma lasciare liberi i ragazzi affrontarlo nella forma che preferiscono. Di questo Ralph ha parlato anche con Berry Lane, un suo amico che è anche scrittore ed insegnante. Hanno convenuto che il “Greenbelt writing” è un tipo di scrittura che ai bambini piace affrontare e che è bene vivano quando sono piccoli non solo perché comunica la gioia e il piacere della scrittura.

Allo stesso modo in cui risvegliare l’amore per la lettura ha come conseguenza che i ragazzi la portino con se stessi anche fuori dalla scuola (a casa o in estate ad esempio) anche il lavorare con gioia sulla scrittura avrà ripercussioni positive sull’instaurare un rapporto tra studenti e scrittura che va oltre il contesto scolastico. Ralph afferma che l’obiettivo è che gli studenti non scrivano solo dalle 9 alle 9.50 del mattino in classe ma che si facciano accompagnare dalla scrittura per tutto il tempo (della loro vita).

Il taccuino dello scrittore secondo Ralph è un esempio di “Green Belt Writing” e lui pensa che bisognerebbe instaurare più collaborazione con/tra i bambini mentre si affronta questo tipo di scrittura (il greenbelt).

Spesso nel WW noi portiamo avanti la scrittura solitaria ma sappiamo che a loro piace collaborare.

A questo punto si inserisce Jennifer che ipotizza che molti insegnanti abbiano paura che lasciare liberi i bambini nella scrittura ed essere meno direttivi nel guidarli/formarli passo passo (ad esempio su come debba essere la struttura della storia, come debbano essere inseriti i dettagli…) possa andare a discapito della qualità della scrittura. Potrebbero però lasciarli più liberi, almeno, di confrontarsi con i propri pari.

Ralph concorda. Ne ha parlato con alcuni insegnanti (del lasciare completamente liberi i ragazzi). Ha chiesto loro domande del tipo “I ragazzi amano il fantasy: se li lasciamo liberi di leggere molto fantasy, perchè non permettere loro di scrivere testi di quel genere? Risposta degli insegnanti “Perché non ne escono fuori testi buoni/soddisfacenti”

Obiezione di Ralph “Hanno 10 anni! Non scriveranno testi perfetti adesso, ne scriveranno tanti altri brutti lungo il loro cammino, non dobbiamo aspettarci che scrivano come autori fantasy affermati.”

Bisogna investire sui ragazzi, spronarli a scrivere e sicuramente sono più predisposti a farlo quando possono scegliere su cosa scrivere. Quando i bambini scrivono molto, quando li mettiamo nelle condizioni di farlo, stiamo sviluppando la “resistenza” (stamina), l’attitudine alla scrittura.

Non ne parla molto nel libro ma non può davvero immaginare che gli insegnanti all’interno del setting del workshop possano essere direttivi anche nel greebelt writing. Dovrebbero essere lì per supportare i ragazzi in ciò che stanno sperimentando, progettando, non per dirigere da vicino ogni passo dei propri studenti. Noi insegnanti abbiamo comunque la consapevolezza di quello che stanno scrivendo i ragazzi perché questi ultimi mostrano ciò che stanno facendo. (Non dobbiamo avere così tanta paura di perdere il controllo)

Uno dei motivi per cui R. ha scritto “Joy write” è perché ha avuto come la percezione che alcune delle “scintille” del WRW negli ultimi 5 anni abbiano perso di intensità, che le lezioni siano diventate più “accademiche” e perchè pensa che ci sia la necessità di tornare a creare degli spazi più “selvaggi”.

Nel libro lui parla di “feral writing” – scrittura selvaggia. Lui per “fiera” intende quegli animali che tornano allo stato selvaggio dopo essere stati addomesticati. Pensa anche che il WW sia diventato troppo “addomesticato” e che ci sia bisogno di tornare indietro in un territorio, attenzione, non totalmente selvaggio ma decisamente più ribilanciato, per riprendere quell’energia, quell’ ”essere selvaggio” che lo contraddistinguevano.

Tornare a dare energia, riaccendere e riaffermare il laboratorio dipende da noi, dal modo in cui lavoriamo con i bambini: dobbiamo “agganciarli”, far in modo che si mettano in gioco e, a partire da lì, insegnare loro qualcosa, imparando anche noi. Questa è la strada, secondo R., per riaffermare e ridare energia al WW. Non pensiamo mai di essere arrivati. Guardate me (dice Ralph) ho 60 anni e non ho ancora smesso di imparare riguardo alla scrittura.

Jennifer prende la parola e dice che un’altra cosa che accade quando lavoriamo su un genere è che tendiamo a focalizzarci sul prodotto e perdiamo di vista il processo, in particolare a perderci è l’uso del Taccuino.

Ralph ha scritto, sul taccuino, “A Writing notebook” – un libro molto utile e pieno di idee per aiutare i bambini a sviluppare la loro voce, per abituarli a tenere il taccuino.

J. Chiede a R. di parlarci della sua visione del taccuino: il libro è stato scritto nel 1996; è ancora valida oggi? Com’è oggi tenere un taccuino in classe? Come dovrebbe essere un taccuino? Cosa dovremmo fare come insegnanti per stimolarne l’uso?

Ralph

Nel gioco della scrittura, è importante supportare la sperimentazione: per R. il taccuino è un luogo in cui sperimentare, scherzare, tentare…

R. instaura un paragone con la sua quotidianità: lui ama fotografare, sta diventando un “fotografo serio” (ok, ancora con la F minuscola) – non ha mai ancora venduto una singola foto ma va bene lo stesso – La mattina presto si alza e scatta un sacco di foto, sperimenta… Ecco: il taccuino dello scrittore è un luogo, una sorta di “campeggio” in cui i ragazzi possono “giocare”, esercitarsi, tentare strategie, passeggiare nella scrittura.

R. si chiede: i ragazzi sono così poco padroni di se stessi nel mondo del curriculum? Ecco. I ragazzi, all’interno del curriculum, hanno pochissima voce; il taccuino è un posto per loro, che noi dovremmo stimolare in quanto luogo in cui i ragazzi possono essere padroni di se stessi e del proprio percorso.

Ha poi appurato che, anche in questo caso, gli insegnanti hanno preso il trend di riempire il taccuino di sovrastrutture, sono diventati troppo direttivi anche in quello. (Anche quando suggeriscono ai ragazzi di provare una certa strategia sul taccuino come compito a casa, per R., si è già direttivi)

Un’altra questione da trattare è quella del taccuino elettronico/digitale verso cui pare ci si stia muovendo. Lui ci ha riflettuto molto e non è ancora arrivato a delle conclusioni.

Certo, ogni device con l’accesso al cloud potrebbe essere un taccuino ma lui lo considera molto impersonale. Il taccuino dovrebbe essere molto più personale e quindi una parte di lui gli dice che il taccuino dovrebbe rimanere ancorato al binomio “penna e carta” ma si rende conto che il mondo sta diventando sempre più un mondo di immagini (lui stesso supporta gli insegnanti che chiedono ai ragazzi di inserire nei loro testi disegni, scarabocchi, artefatti, cose del mondo)

Nel taccuino dovrebbero trovare spazio tutte queste cose: parole scritte ma anche “cose” che i ragazzi trovano nel mondo.

Nel suo testo “Boy writers” parte prendendo atto che i dati ufficiali indicano che in media ragazzi sono rimasti molto indietro rispetto alle ragazze in quanto a scrittura. I ragazzi scrittori (maschi) sono “collezionisti” – lui riesce a “vendere” il taccuino ai ragazzi presentandolo come un luogo per raccogliere cose (battute – fatti divertenti – oggetti strani…). Anche le ragazze lo sono ma per loro è più facile “enfatizzare” il taccuino anche come luogo per custodire sensazioni e sentimenti che dal mondo scaturiscono.

J passa poi a parlare di MEMOIR

J. si fa portavoce di alcuni insegnanti che hanno seguito il campus di scrittura e chiede a R. di spiegare la differenza tra narrativa personale e memoir. C’è un momento, un’età a partire dalla quale è possibile i ragazzi a scrivere memoir, a riflettere su quanto hanno vissuto, a comprenderne il significato per il loro percorso di vita?

(il discorso di R. qui è un po’ contorto – anticipa delle risposte, si interrompe poi torna indietro quindi non seguirò l’ordine della sua risposta nella traduzione ma riporterò i suoi ragionamenti in un ordine più lineare)

Differenza tra memoir e narrativa personale.

Il memoir non è soltanto una storia/un elenco di fatti; è un memoir se tu hai una buona storia e sei in grado di dire che è stata significativa per te, di spiegare come lo è stata, se raccontarla ti mette nelle condizioni di raccontare qualcosa di significativo sulla tua vita.

R. per rispondere utilizza un aneddoto personale. Ha una nipote che quest’anno ha iniziato la scuola dell’infanzia e che gli ha detto di aver sentito una storia di quando lui era bambino (presa da Marshall dreams). Non solo, la piccola ha dichiarato a sua mamma che, quando il nonno sarebbe morto, anche lei avrebbe provato a scrivere un suo libro come autrice. La mamma le ha risposto che può anche iniziare adesso a scrivere il suo libro di memoirs, che non deve aspettare la morte del nonno per farlo. Così lei ha iniziato scrivendo della sua infanzia. R. mostra il foglio in cui la bimba ha scritto alla “childhood” – infanzia, poi gira il foglio e ci fa vedere la continuazione del testo (che inizia dal fondo della pagina, con il primo capitolo).

Tutto questo per dirci che R. pensa che i bambini siano ambiziosi, che i piccoli hanno un sacco di idee, anche relativamente alla scrittura, ma che bisogna essere realistici. Sono curiosi, hanno molti interessi quando vivono e quando guardano il mondo ma, secondo R., sono pronti a affrontare il concetto di memoir a partire dal il 3 e il 4 grado scolastico (8-9 anni) perchè è l’età in cui possono iniziare a realizzare che dietro degli avvenimenti ci sono dei significati, che alcuni eventi hanno un valore diverso per la nostra vita. Pensa sia comunque difficile per un bambino di quell’età (o più piccolo) arrivare autonomamente a sviscerare ragionamenti del genere.

In passato ha avuto modo di affiancare un ragazzino che stava scrivendo del fatto che lui perde ogni cosa. R. era venuto a sapere che questo ragazzino aveva perso il padre e ne ha parlato con lui. Questo ragazzino ha iniziato a rimuginare sulla cosa e ha consegnato un memoir intitolato “Cos’ho perso lungo la strada” ma il focus del racconto è emerso da un’osservazione di Ralph, da un suo suggerimento.

Certo, poi il ragazzino ci ha ragionato ma ha avuto bisogno di una spinta per rifletterci… ed anche per molti adulti – dice R. vale la stessa cosa.

R. poi si alza per prendere un suo libro dedicato alla scrittura di memoir “How to write your life story”. Non è sicuro che sia ancora disponibile la versione cartacea ma crede che l’ebook lo sia. In quel testo Fletcher ci dice che fornisce suggerimenti utili per la stesura di un memoir; si sofferma quindi a citare alcuni elementi critici che emergono durante il processo di scrittura di questo genere testuale.

IL TEMPO. È un aspetto complicato per ogni tipo di scrittura ma per il memoir in particolare perché ci sono più piani temporali che si incastrano ed è necessario padroneggiare il tempo per far risaltare il momento chiave(?) – lui parla di “dramatic moment”.

Ci sono molte strategie che contraddistinguono il memoir e lui è fortunato ad avere un editor che lo aiuta a ragionare sul fatto che memoir e narrativa sono cose differenti. C’è l’aspetto riflessivo ma non lo si può servire “apertamente” al lettore.

R. ha appena pubblicato l’ultimo volume di The Marshall memories – è davvero emozionato per il suo nuovo libro, è come aver un nuovo piccolo bimbo per lui – ne è molto soddisfatto ed ha iniziato ad avere dei riscontri dalla sua famiglia. Una delle sue sorelle gli ha confidato di avere riso molto ma anche pianto molto durante la lettura.

È un libro molto personale per lui ma è anche un testo con cui i bambini possono relazionarsi e ritrovarsi molto (anche se il modo è molto diverso da quello in cui lui è cresciuto).

Jennifer:

Noi abbiamo letto/studiato un testo di Ralph tratto proprio dall’ultimo Marshall memories e ci sarebbe da discuterne per ore ma J. gli chiede quanto, seguire le strategie, sia una scelta deliberata nel corso della revisione. Lui dice a se stesso… “Ora torno indietro e verifico che i nomi siano specifici. Ora torno indietro e faccio in modo che emerga il mood che ho pensato.”? Quanto viene naturale/discende dall’esperienza dello scrittore e quanto lui torna davvero indietro e si sofferma deliberatamente sugli aspetti tecnici nel corso della revisione?

Ralph: È un’ottima domanda.Lucy Calkins utilizza una metafora molto cara a Fletcher – la strategia come un bastone che un cieco utilizza per capire che non sta andando fuori strada. Lui si rende conto che quando uno scrittore scrive è molto focalizzato su quello che vuole dire, sul soggetto e, spesso, ciò che gli serve per ottenere il risultato che vorrebbe, è “invisibile”, nascosto. Torna sulla sua esperienza di “fotografo” e ci confida che nella fotografia ciò che rende bello uno scatto non è (solo) ciò che viene inquadrato ma quello che c’è all’interno della macchina fotografica, il modo in cui si utilizzano gli strumenti della macchina. Quando scrive R. non ritiene di pensare molto in modo deliberato alla revisione ma è comunque come se questi meccanismi operino sullo sfondo della sua mente. Quando ha scritto il suo primo libro, il suo primo “chapter book”, Fletcher ha ricevuto commenti di questo tipo dal suo editor: “È una bella storia ma il problema è il tono con cui è scritta (tono di reminescenza) – sembra scritto da un adulto che guarda indietro alla sua infanzia”.

Questo era ottimo per Fletcher ma l’editor gli ha fatto notare che questo tipo di tono non fa presa sui bambini perché i bambini quando guardano indietro non colgono questo aspetto di “nostalgia” ma guardano al percorso interiore.

Quando ha scritto quest’ultimo libro, invece, è partito come se dovesse scrivere fiction ma l’editor gli ha chiesto di inserire non un senso nostalgico di retrospettiva ma il senso del guardarsi indietro.

Scrivere memoir con gli occhi di un bambino e scriverli da adulto è diverso.

Quello che Fletcher comunque pensa è che un buon insegnante di scrittura che vuole che i bambini capiscano le distinzioni tra i generi debba soffermarsi sì sulle peculiarità di un genere ma anche su ciò che i vari generi hanno in comune. Partiamo facendo in modo che i bambini scrivano con l’idea di produrre un buon pezzo, una buona storia che tutti i bambini vorrebbero leggere (è quello che ha fatto lui affrontando quest’ultima fatica)

J. salutando R. lo ringrazia e dichiara di non vedere l’ora di leggere altri suoi lavori.

LINK UTILI

https://www.heinemann.com/products/e08880.aspx qui per scaricare un’anteprima di Joy write

https://medium.com/@heinemann/greenbelt-writing-78d5a992b1e8 qui per approfondire sul Greenbelt writing

https://www.harpercollins.ca/97803807…/a-writers-notebook/ qui per scaricare un’anteprima di A Writer’s notebook

https://slideplayer.com/slide/4017954/ una presentazione con alcune idee tratte da How to Write Your Life Story

http://ralphfletcher.com/tips-young-readers/ tanti consigli (ma proprio tanti) di Ralph per giovani scrittori. 

http://ralphfletcher.com/teacher-handouts/ e altrettanto materiale scaricabile per gli insegnanti.

SCARICA IL PDF

Condividi


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *